Teatro Massimo Palermo, in streaming ma vincenti

27 gennaio 2021

Due spettatori che si perdono in un sogno d’opera. Sembrano spaesati, increduli, mentre affondano nelle poltrone del proprio salotto, davanti ad una TV accesa che rimanda note, voci conosciute, immagini amate…. L’Opera è lì, non più a teatro e la loro eleganza quasi fuori posto, tanto da essere quasi estranea: il completo da sera, il cappottino di raso a fior su un vestitino un po’ bon-ton, stropicciati, un po’ sbrindellati, come se fossero invecchiati nell’armadio, per essere ripresi in fretta: chissà, magari presto ritorneranno a nuova vita, “l’inverno dello scontento” presto lascerà il posto ad una nuova “primavera”. E’ piena di citazioni la messa in scena del “Crepuscolo dei sogni” che Joannes Erath, regista tedesco al suo esordio in Italia, crea per il Teatro Massimo di Palermo in questa apertura di stagione anomala, dove appunto lo spettatore, invece di esibirsi nel rituale ancestrale del “vedere e farsi vedere” affollando sale, platea, palchi, ridotti e gallerie del teatro, è a casa davanti alla sua SmartTV, o tablet o computer, collegato alla WebTv in attesa dello streaming.

Streaming che ha la portata di oltre 28 mila collegamenti e incassa la soddisfazione e i commenti positivi sui social network e su Youtube, anche da parte del pubblico più tradizionale che da subito ha dimostrato di apprezzare il coraggio delle scelte drammaturgiche innovative, l’originalità e la contemporaneità dei contenuti dell’opera e l’insolito allestimento scenico che ha trasformato il teatro in un set cinematografico. Citazioni – si diceva – che rimandano a classici della lirica, come della prosa, del cabaret, a elementi di regie viste, ma che acquistano un significato diverso – come non ricordare la tv a terra nella spoglia abitazione di Violetta dell’ultimo atto nella Traviata firmata da Carsen per la Fenice, o lo stesso Coro nei palchi per il Prologo dal Mefistofele di Boito – citazioni, che celebrano, ma anche che si distinguono in modo originale. Erath cura luci, costumi, elementi scenici in modo tale da rendere claustrofobica ed al tempo stesso rigeneratrice tutta l’atmosfera. I due spettatori dalle poltrone del loro salotto vengono presi, ingoiati, sputati anche, dal rutilante mondo dello spettacolo che turbina attorno a loro e li avvolge in un vortice, dal quale escono ansanti, distrutti, ma pronti a ricominciare. Hanno loro stessi vissuto l’esperienza: hanno cantato, danzato, recitato; ora conoscono dal di dentro ciò che quel mondo rappresenta, anche senza i luccichii di una Première.

Il baritono Markus Wreba e il soprano Carmen Giannattasio – con il basso Alexandros Stavrakakis che sembra quasi incombere sui due con la sua presenza un po’ demoniaca – vivono lo straniamento dei due spettatori sdoppiandosi, muovendosi in uno spazio scenico completamente trasformato dalla scenografia, illuminato da una luce lunare, sommerso da una coltre di neve che avvolge e trasfigura ogni forma. Un luogo “non luogo” che diventa paesaggio dell’anima e che richiama la condizione di oggi, quella appunto di una umanità disorientata e isolata, che ha perso certezze, punti di riferimento, alle prese con distanze, separazioni, schermi e nuove modalità di comunicazione. In questo scenario sospeso, che alterna speranza e sconforto, l’arte e la musica restano le forme più alte di speranza. Un luogo ridisegnato da i video, le immagini e i filmati di Bibi Abel, proiettati sulle superfici del Teatro, le coreografie, tra cui quella del Dies Irae dalla Messa di Verdi, firmata da Davide Bombana, direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo, con i movimenti coreografici affidati a UgoRanieri e lo splendido Coro del Massimo sempre ottimamente diretto da Ciro Visco. Il sottile filo con cui Erath costruisce la ragnatela dove resta avviluppato l’animo dello spettatore– che sogna, continua a sognare, insieme ai protagonisti dello spettacolo – è quindi la Musica.

La musica della Traviata sì – a simboleggiare le vittime i malati di questa pandemia che ha costretto a chiuderci in casa – di Verdi, ma anche quella liederistica di Strauss, Schubert, Korngold, Chava Alberstein. E poi ancora Boito, Purcell, Monteverdi, Wagner, Rossini, Mussorgskij. Una immersione tra tragico, comico, ironico con la voglia di divertire e divertirsi, oltre a riflettere. Divertire e divertirsi. Questo fa Omer Meir Wellber, mentre impugna la bacchetta, o suona il piano o la fisarmonica, o danza, recitando sì, ma anche attingendo a quello spirito irrefrenabile che i palermitani hanno imparato a conoscere. Il direttore musicale del Massimo ha infatti da subito dimostrato come il suo posto, oltre che sul podio, fosse all’interno di un disegno artistico di crescita. E il suono della Orchestra, vivido, intenso, curato, come mai, è la testimonianza di questa crescita avvenuta anche attraverso un momento difficile come questo che il mondo della lirica sta vivendo, con i teatri chiusi al pubblico, costretti a reinventarsi e trovare nuove strade. Il Massimo ha raccolto la sfida e con questa Prima cinematografica – curata in streaming dalla squadra tecnica del Teatro, coordinata da Gery Palazzotto, con la regia televisiva di Antonio Di Giovanni e la regia sonora di Manfredi Clemente – mette un nuovo tassello alla sua nuova immagine. “Il crepuscolo dei sogni” sarà ancora visibile sul Canale YouTube del Teatro Massimo. Da non perdere!

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