Se Parsifal, con il suo messaggio di Rinascita, aveva segnato l’apertura della Stagione 2020 del Teatro Massimo all’impronta del rinnovamento, del nuovo corso, ora a esattamente un anno di distanza, con una stagione ridimensionata, reinventata, tra chiusure e riaperture, dove il teatro ha dovuto fare i conti con un imprevisto inimmaginabile: una Pandemia che ha buttato il mondo dello spettacolo dal vivo nel baratro dell’incertezza; ecco che la Stagione 2021 torna ad ammantarsi di un nuovo significato, nell’affermazione del teatro non solo come involucro ma come anima stessa della innovazione, creatività, esistenza artistica. Eugene Onegin di Tchaikovsky – l’opera annunciata – viene momentaneamente accantonata, ma il suo cast – da Markus Werba, che avrebbe dovuto vestire i panni del dandy disegnato dalla penna di Pushkin, Carmen Giannattasio e il basso Alexandros Stavrakakis – è presente ed è stato ben felice di sperimentare il “nuovo”, l’imprevedibile trasformandosi e trasformando la materia dell’arte della lirica.
“Il crepuscolo dei sogni” questo il titolo dello spettacolo che domani sera, in streaming, sulla webTv del Teatro Massimo, prenderà vita tra i palchi, la platea, il palcoscenico di un teatro che è si vuoto, del pubblico, ma pieno: pieno di idee, di coraggio, di volontà della forza per dire “IO CI SONO”. “Noi siamo fatti della materia incorporea di cui sono fatti i sogni” diceva Shakespeare…. Niente di più vero, ma in questo caso anche niente di più falso, perché il teatro, fabbrica di sogni continua ad alimentarne la creazione… Nonostante tutto! E il creatore di sogni in questo caso si chiama Joannes Erath, regista tedesco al suo debutto in Italia. “L’idea – dice – è quella di raccontare e condividere le difficoltà del tempo che stiamo vivendo, ma anche le conseguenze di questa situazione sui nostri comportamenti”. E aggiunge: “Un’opera dovrebbe dare conforto a chi vive con disagio la condizione del presente e dovrebbe disturbare chi vive nella sua comfort zone. Speriamo di esserci riusciti”.
Dare conforto e al tempo stesso scuotere chi sembra avere dimenticato una area di lavoratori – mestieranti – artisti: la vita senza arte non è vita, ma anche l’Arte, senza la vita che la ispira, la sostiene, non è Arte, o per lo meno non quella cui eravamo abituati. Ecco quindi la sfida: ripensare l’arte, lo spettacolo, la vita: la vita è mutevole, ogni giorno si recita, si è, in modo diverso, Pirandello insegna, e non solo.
“Il crepuscolo dei sogni” non è altro che un viaggio attraverso la vita, un “viaggio d’inverno” musicale, raccontato come un sogno, attraverso brani di opere diverse, da Rossini a Verdi, da Monteverdi ai Lieder di Schubert e di Richard Strauss, tenuti tutti insieme da un filo sottile, o una presenza ricorrente: “La Traviata”, la cui protagonista è afflitta da una malattia polmonare che ci ricorda le sofferenze dell’uomo di oggi. Questo viaggio – che alterna sentimenti contrapposti – culmina con il coro dal Prologo del “Mefistofele” di Arrigo Boito, che dopo aver mostrato l’aspetto più disincantato e cinico con l’aria di Mefistofele, incarna lo spirito che riporta luce e speranza, e con il duetto finale dalla “Incoronazione di Poppea” di Claudio Monteverdi: due momenti d’estasi, divino il primo, terrestre il secondo.
Come in un grande set cinematografico, l’Orchestra diretta da Omer Meir Wellber, il Coro e il Coro di voci bianche, guidati da Ciro Visco e Salvatore Punturo, e il Corpo di ballo del Teatro Massimo, con il soprano Carmen Giannattasio, il baritono Markus Werba e il basso Alexandros Stavrakakis, si muoveranno in uno spazio scenico. Uno spazio completamente trasformato dalla scenografia, illuminato da una luce lunare, sommerso da una coltre di neve che avvolge e trasfigura ogni forma. Un luogo altro che diventa paesaggio dell’anima e che richiama la condizione di oggi, quella di un’umanità disorientata e isolata, che ha perso certezze e punti di riferimento, alle prese con distanze, separazioni, schermi e nuove modalità di comunicazione. In questo scenario sospeso, che alterna speranza e sconforto, l’arte e la musica restano le forme più alte di speranza. Un luogo ridisegnato da i video, le immagini e i filmati di Bibi Abel, proiettati sulle superfici del Teatro, le coreografie, tra cui quella del Dies Irae dalla Messa di Verdi firmata da Davide Bombana, direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo, mentre i movimenti coreografici sono affidati a Ugo Ranieri. Assistente alla regia Lorenzo Nencini. Maestro del Coro Ciro Visco, Maestro del Coro di voci bianche Salvatore Punturo. Lo spettacolo, come si diceva, sarà ripreso in diretta e trasmessa in streaming sulla WebTv del Massimo, a cura della squadra tecnica del Teatro, coordinata da Gery Palazzotto, con la regia televisiva di Antonio Di Giovanni e la regia sonora di Manfredi Clemente.