Tecnici Senato smontano decreto Irpef
La strada del decreto 80 euro è subito in salita. O forse lo è sempre stata. Prima le perplessità del presidente della Repubblica, il quale – prima di apporre la propria firma sul testo del governo – ha convocato al Quirinale il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per avere “chiarimenti”. Ora il provvedimento è arrivato al Senato dove i tecnici, nel preparare il consueto dossier per i parlamentari, disseminano il testo di dubbi e perplessità. A dirla tutta, più che una richiesta di ulteriori informazioni, quella degli economisti di palazzo Madama può configurarsi come un’autentica bocciatura.
Prima forte obiezione riguarda proprio il capitolo 80 euro e le relative (tanto discusse) coperture. “Si rileva in primo luogo – si legge nel dossier del Senato – che la quantificazione operata dalla relazione tecnica, essendo basata su un modello di microsimulazione Irpef, non è verificabile in modo puntuale”. Non essendo verificabile è da considerarsi in forse “anche se – ammetto i tecnici – ad una prima ricostruzione utilizzando dati tratti dalla banca dati “Magister” – del ministero dell’Economia e delle finanze anno 2011 – si perviene ad un dato compatibile con quello esposto in relazione tecnica”. Ma i dati compatibili sono quelli relativi al 2011, tre anni fa. Per questo palazzo Madama si cautela e avverte: “Si chiede un chiarimento circa il mancato utilizzo dei pertinenti dati rivenienti dalle dichiarazioni 2013. Sarebbe altresì opportuno avere qualche elemento informativo aggiuntivo che consenta di verificare le ipotesi ed i parametri posti a base della “estrapolazione” all’anno in corso (ad esempio conoscere le variazioni che sono state registrate per i redditi interessati dalla misura in commento tra l’esercizio considerato dalla microsimulazione (2011) e quello successivo (2012) in relazione al quale l’Amministrazione finanziaria dovrebbe poter disporre dei relativi dati)”.
C’è poi un’entrata che invece rischia di essere classificata come spesa. Si legge nel dossier: “La stessa relazione tecnica afferma che, nonostante la classificazione dell’operazione sia interamente imputata, nel riepilogo degli effetti finanziari del provvedimento, nella voce “minori entrate tributarie”, l’Istat, sulla scorta delle regole di contabilizzazione stabilite dal Sistema europeo dei conti (Sec) 2010 potrebbe contabilizzare una parte degli sgravi dal lato della spesa (trasferimenti alle famiglie). Tale possibilità sembra sorgere in relazione al fatto che una parte dei crediti d’imposta in esame siano “pagabili”, cioè comportino un effettivo esborso al beneficiario nella misura in cui il credito superi il debito d’imposta (cfr. il Regolamento (UE) n. 549/2013, 20.168). In tal caso il Sec 2010 prevede che il credito in questione sia classificato come spesa e registrato come tale per l’importo totale ai fini del calcolo dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche”.
Anche qui si chiedono spiegazioni: “Sarebbe utile acquisire ulteriori informazioni circa il numero dei contribuenti per i quali il credito d’imposta potrebbe dar luogo ad un effettivo esborso (e quindi qualificarsi come “pagabile”) e il conseguente ammontare di maggior spesa che ne potrebbe derivare in luogo delle minori entrate contabilizzate nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari della norma”.
Dubbi ancora più pesanti sono quelli che riguardano il taglio dell’Irap. Anche qui le stesse perplessità dell’Irpef: le previsioni, essendo basate su microvalutazioni, andrebbero specificate meglio. Scrivono i tecnici del Senato: “La relazione tecnica non tiene in considerazione gli effetti finanziari acarico delle regioni in relazione alla riduzione dall’1 allo 0,92 per cento del margine di manovra consentito nella fissazione delle aliquote IRAP rispetto a quelle stabilite dalla legislazione statale. Il governo dovrebbe fornire dati sulle aliquote regionali ad oggi maggiorate in misura superiore allo 0,92 per cento rispetto all’aliquota ordinaria, per quantificare il relativo minor afflusso di risorse per le regioni in base alla normativa ora introdotta. Si ricorda, in proposito che, per l’articolo 19 della legge di contabilità (L. 196/2009), i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche, devono contenere la previsione dell’onere stesso e l’indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali”.
Ma la batosta vera arriva sul decreto di rivalutazione delle quote di Bankitalia in quanto “i repentini mutamenti del quadro normativo potrebbero in altri termini finire per definire la tassazione postuma di una ricchezza non più attuale ovvero non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche, con conseguente possibile violazione di precetti costituzionali (artt. 41, 53, 97 della Cost). Andrebbero pertanto valutati con attenzione i profili di compatibilità della norma in esame con il predetto dettato costituzionale, anche in considerazione delle ricadute sul gettito di eventuali contenziosi”. (Il Tempo)