Lo fanno i parlamentari che fanno riferimento a Maurizio Martina: “Da tempo gli diciamo che è la strada sbagliata”. Ma per il premier tornare indietro non è così facile: “Come fa oggi a dire ‘scherzavo, non mi dimetto’?”, si chiede più di un parlamentare Dem. La soluzione sembra essere allora quella intermedia: evitare di calcare ancora la mano sull’argomento. Come Renzi ha già iniziato a fare oggi: nessun accenno alle sue dimissioni, nel passaggio della e-news in cui chiama alla mobilitazione i suoi sostenitori. Ma solo argomenti di merito, considerati ancora appetibili per gli elettori: con le riforme avremo “istituzioni più semplici. Più efficaci. Più sobrie e giuste”. Al contrario, “senza questa riforma, torneremmo all’ingovernabilità. Agli inciuci del giorno dopo”. Che iniziano a diventare uno spettro, per i renziani, anche per il giorno dopo del referendum. Non a caso Bersani e Speranza hanno suggerito a Errani di restare fuori dalla segreteria. Ufficialmente, nessuna richiesta sarebbe arrivata all’ex presidente dell’Emilia romagna, ma un renziano diceva che proprio intorno al coinvolgimento di Errani ruotava la strategia di Renzi per ricompattare il partito in vista del referendum, “perché se Errani accetta – era il ragionamento – vuol dire che Bersani ha dato l’ok”.
Ma chi in queste ore ha parlato con Errani ha assicurato che l’ipotesi di un ingresso in segreteria non esiste. Ufficialmente, appunto, perché “nessuno lo ha chiesto”, ma di fatto perché i bersaniani non ci stanno a farsi imbrigliare, vedono la possibilità di portare l’affondo finale a Renzi: “Per vincere il referendum – ragiona uno di loro – ha bisogno di 15-16 milioni di sì. E non sarà per niente facile, soprattutto se il Pd non sarà mobilitato dal primo all’ultimo uomo. Noi magari voteremo sì, per coerenza, ma la campagna non la faremo…”. E poi, continua il ragionamento, “se al referendum vincessero i no e Renzi davvero si dimettesse, l’unica strada sarebbe un governo istituzionale per fare una nuova legge elettorale, e nel frattempo svolgere il congresso Pd”, dicono i bersaniani. E il partito del non voto potrebbe vedere insieme diversi settori del Parlamento. Soprattutto con l’argomento della modifica all’Italicum: con la vittoria dei No al referendum, la nuova legge elettorale sarebbe in vigore alla Camera, non al Senato, rendendo praticamente certa la necessità di alleanze. Red. Pol.