Tensioni transatlantiche, Washington isola Bruxelles: pace in Ucraina senza Europa
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Ursula von der Leyen e J.D. Vance
La Conferenza sulla sicurezza di Monaco si è conclusa oggi dopo tre giorni convulsi durante i quali – con un intervento tanto veemente quanto inatteso – il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha criticato duramente i leader europei per la presunta perdita di democrazia e la repressione della libertà di parola in Europa. Un j’accuse, quello di Vance, respinto al mittente da diversi Stati membri dell’Ue, ma che ha finito per marcare alcune distanze tra Stati Uniti e Unione europea, emerse anche sul principale dossier sul tavolo dei colloqui in Baviera: la guerra in Ucraina.
A questo proposito Washington ha confermato di voler tirare dritto per la sua strada, proseguire il suo filo diretto con Mosca, accelerare sui negoziati di pace e tagliare fuori Bruxelles dal processo in corso per una soluzione del conflitto. “Ci serve un inviato speciale per l’Ucraina” come fu Martti Ahtisaari in Kosovo, ha commentato oggi il presidente finlandese Alexander Stubb, lanciando un’idea a cui si è subito accodato il primo ministro croato Andrej Plenkovic. “Quello che ci è mancato in Ucraina negli ultimi anni è stata una personalità molto rispettata da tutti, presa in considerazione a Mosca e Kiev, con il sostegno di Washington, delle capitali europee e di altri leader, incluso il Sud del mondo, e che potrebbe avere l’autorità di gestire i colloqui di pace”.
Intanto, mentre a Monaco si consumava il confronto dialettico tra Stati Uniti e Ue, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con un annuncio a sorpresa, si è detto disponibile a rinunce territoriali e a un ritorno ai confini precedenti all’invasione del 2022. Un’apertura che con ogni probabilità sarà respinta al mittente da Mosca, che non intende rinunciare alle sue conquiste territoriali ed appare sempre più decisa a proseguire il suo intenso dialogo degli ultimi giorni con l’amministrazione Trump. Ieri, a margine dei lavori della Conferenza, il segretario di Stato Marco Rubio ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo russo, Sergey Lavrov, sul solco tracciato da Donald Trump e Vladimir Putin.
Il Cremlino, da parte sua, ha fatto sapere che il presidente “sarà felice di accogliere a Mosca, per il ‘Giorno della vittoria’”, il 9 maggio, “tutti i capi di Stato che sono pronti a condividere l’orgoglio per questa festa con la Russia”. L’invito – allargato – ha in realtà come destinatario principale proprio quel Donald Trump che il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha detto “potrebbe arrivare in Russia in qualsiasi momento”. In questo quadro di progressivo avvicinamento tra le leadership di Russia e Usa si inserisce l’incontro della prossima settimana in Arabia Saudita tra delegazioni statunitensi e russe per porre fine alla guerra in Ucraina.
Il segretario di Stato americano, Marco Rubio, il consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, e l’inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, formeranno la delegazione di Washington all’incontro, che potrebbe aprire la strada a un potenziale vertice dei leader già alla fine del mese. Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina non è stata invitata ai colloqui e che non si impegnerà con Mosca prima di avere consultato i partner strategici. Fuori dai giochi l’Europa, come ha chiaramente segnalato ieri a Monaco dall’inviato speciale di Trump per l’Ucraina, Keith Kellogg. L’Ue sarà “consultata”, ma “non avrà posto al tavolo delle trattative”, dove siederanno solo “due contendenti e un mediatore”, gli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha comunque precisato che Washington ha condiviso con gli alleati europei “le tattiche negoziali” americane per l’Ucraina, che ha definito “non ortodosse”, sebbene lascino “qualche speranza” di riuscita.
La posizione americana in ogni caso preoccupa, e non poco, l’Europa. Le invettive di Vance e le parole di Kellogg hanno destato piccate reazioni di leader e ministri di alcuni Paesi dell’Ue presenti in Baviera. Dura, in particolare la posizione della Germania, che non ha gradito le intromissioni del vice presidente Usa nelle prossime elezioni legislative tedesche, in direzione di un malcelato sostegno al partito di estrema destra Afd.
Più pacata la reazione del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che a Monaco ha portato la tradizionale posizione italiana di attento equilibrio tra gli Statti Uniti e l’Ue, pur nella consapevolezza di un inevitabile quanto convinto ancoraggio all’Unione. “C’è un cambiamento” di linea della nuova amministrazione Trump, “un cambio di passo”, “però bisogna occuparsi, più che preoccuparsi”, ha detto Tajani. “Agitarsi è un segno di grande debolezza, non è il segnale di un’Europa che vuole essere forte”. Per discutere la posizione americana, in attesa del vertice dei capi di Stato e di governo convocato da Emmanuel Macron a Parigi nella giornata di domani, l’alto rappresentante Ue per la Politica estera Kaja Kallas ha riunito i ministri degli Esteri, poco prima della chiusura dei lavori di Monaco.
“L’Europa è fortemente unita nel sostenere l’Ucraina e rafforzare la nostra difesa. Presto elaboreremo nuove iniziative per portare avanti questo progetto”, ha detto la massima diplomatica europea. Intanto l’Ue “sta accelerando sul processo” di adesione di Kiev all’Unione, secondo la commissaria europea all’Allargamento, Marta Kos. D’altra parte, ha sottolineato questa mattina Stubb, “ci sono due cose che non sono negoziabili”: la prima è “l’adesione dell’Ucraina all’Ue e alla Nato”. “Il processo Ue è in corso, l’Ucraina sarà europea e non russa e questa già è una sconfitta per Putin”, ha precisato.
“La seconda cosa non negoziabile attiene ai nuovi accordi di sicurezza per l’Ucraina”. Gli Usa, anche in questo caso, faranno la parte del leone. Ma il dipartimento di Stato americano ha già chiesto ai governi europei di fornire informazioni dettagliate su armi, truppe di peacekeeping e misure di sicurezza che potrebbero essere fornite a Kiev come parte di eventuali garanzie per la fine del conflitto. askanews