Terremoto a 5 stelle, Grillo stoppa la candidata di Genova. Il comico, il politico e il giornalista

Mistero totoministri: “Nomi fatti per bruciarci”, dicono i 5 stelle. Ma intanto emergono le prime candidature

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Il famoso “passo di lato” è un lontano ricordo, per Beppe Grillo continua il ping-pong fra i suoi spettacoli teatrali e l’attività come politico a tempo pieno (o quasi). In settimana era tornato alla ribalta per la scelta dei suoi legali di negare l’assimilazione fra il suo blog, megafono ufficiale del Movimento 5 stelle, e una vera testata giornalistica: dopo anni in cui non ha smentito l’attribuzione a lui dei post anonimi sul sito, adesso riconosce solo i testi firmati personalmente. Oggi a Grillo è toccato indossare la veste del “garante”, autorità suprema del movimento, per destituire di punto in bianco la candidata sindaca genovese Marika Cassimatis, sospettata dai suoi avversari interni di essere “amica dei voltagabbana”. Appello del leader agli attivisti: “Fidatevi di me”, segno che il clima interno è tutt’altro che sereno. Nuova grana sulla strada delle elezioni amministrative, dopo il ritiro della candidata monzese e i contrasti interni durissimi a Palermo, all’ombra dell’inchiesta penale sulle firme false del 2012.

La moltiplicazione delle difficoltà e dei contrasti a livello di gruppi locali sollecitano l’ironia di una fonte parlamentare, secondo la quale “sarebbe meglio sparire, alle amministrative, e rifarsi vivi solo per le politiche, visto che il Pd, vedi il voto su Minzolini al Senato, lavora per noi…”. E, più seriamente, per un deputato molto in vista, “laddove ci sono comuni piccoli che non muovono soldi né iniziative forti, o dove non ci sono gruppi consolidati da anni, sarebbe meglio evitare la corsa alla presentazione della lista 5 stelle”. Tutto, nel M5s, ruota ancora attorno a Grillo e a Davide Casaleggio, erede del cofondatore. Per questo qualcuno, a Roma, si chiede come mai non siano stati smentiti i pezzi sul totoministri M5s, pubblicati oggi da Repubblica e Stampa. Smentite che pure, a mezza giornata, autorevoli fonti stellate annunciavano in arrivo a breve. Nella lista, in parte scontata e imbottita di superallineati (Di Maio premier, Di Battista vicepremier, Toninelli alle Riforme, Bonafede alla Giustizia, Fraccaro a qualcosa da definire), in parte sorprendente, come nell’indicazione addirittura di una sottosegretaria (Giulia Sarti, anche lei alla Giustizia) c’è in particolare un nome, quello di Manlio Di Stefano per gli Esteri, che fa scalpore. “E che forse vogliono bruciare”, dicono a Montecitorio.

Uno dei due articoli lo etichetta come “filorusso”, per il suo impegno contro le sanzioni e di critica alla Nato: ma Di Stefano è poco amato negli ambienti atlantici, dicono i 5 stelle, anche per le sue posizioni sul Medio Oriente e sul conflitto israelo-palestinese. Ma che squadra vorranno comporre al M5S in vista di un ipotetico governo? “Per ora non ne parliamo, servirebbe solo a bruciare nomi”, diceva qualche giorno fa uno dei volti di punta del movimento. Ma il dibattito interno è in corso, e ormai non solo gli “ortodossi” più legati a Roberto Fico ma anche gli uomini di Di Maio vedono più probabile un governo con scarsa presenza di ministri “tecnici”. “Darei per certo o quasi un esterno al Bilancio o all’Economia in generale – spiega un candidato ministro fra i più gettonati – ma per i posti da ministro ci vuole gente che ci crede, quindi eletti, attivisti o comunque gente che conosce bene il M5S”. Discorso diverso per la squadra tecnica che i ministri li deve affiancare. “Renzi ha sbagliato – osserva, sempre con la garanzia dell’anonimato, un altro potenziale ministro – a cambiare tanto, si è fatto probabilmente dei nemici. Noi valorizzeremo le risorse interne, nei ministeri ci sono tante professionalità di alto livello”.