Ipertensione, mal di stomaco, cefalea per gli adulti. Problemi di appetito, atteggiamenti regressivi nei più piccoli. Insonnia per tutti. Il terremoto pesa sulla salute di chi lo ha vissuto, a prescindere dalle ferite fisiche. “Quello che ci troviamo ad affrontare in questi giorni – spiega all’ANSA Renzo Broccoletti, segretario Fimmg Provincia di Rieti – sono soprattutto emicranie da stress, coliti, crisi di panico. La conseguenza è che facciamo molte più prescrizioni di tranquillanti e in dosi più alte. In particolare i casi di insonnia dovuta all’ansia si sono almeno quintuplicati. Inoltre, negli anziani sono molto peggiorati i dolori ossei e con molta più frequenza assistiamo a crisi ipertensive, perché c’è chi dimentica di assumere i farmaci per la pressione o chi li ha dimenticati a casa e quindi è rimasto alcuni giorni senza”.
Lo stress non risparmia i più piccoli, spiega Antonio Masetti, pediatra di Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) e vice presidente di Pediatria per l’Emergenza Onlus. “Apparentemente i bambini sembrano continuare a giocare anche tra le macerie, ma questa è una forma di rimozione dei traumi, perché non riescono a estrinsecarli. In più per loro alle problematiche dovute allo stress e al trasferimento, si sommano quelle infettive stagionali”. Particolarmente delicata, sottolinea la situazione dei neonati, viste le difficoltà dell’allattamento in situazioni di stress come può essere un terremoto. “Le mamme devono sforzarsi particolarmente di mantenere il latte per evitare un ulteriore stress al piccolo”. Il danno non è solo per chi vive in prima persona il trauma, ma anche per i bimbi che vedono in tv persone che piangono o che perdono tutto, spiega Pietro Ferrara, professore di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e al Campus Biomedico. “A prescindere che l’esposizione sia stata diretta o indiretta, a distanza di tempo gli effetti delle immagini violente sono quasi gli stessi: ansia, mancanza di appetito, insonnia, pipì a letto, calo del rendimento scolastico, attaccamenti morbosi. Questo significa che il bambino non ha rielaborato”, sottolinea Ferrara, membro Società Italiana di Pediatria (Sip). Non esiste una ricetta buona per tutti ma, consiglia, “meglio non dire bugie e utilizzare un vocabolario semplice per decodificare un messaggio difficile. E soprattutto spiegare che non bisogna aver paura della paura, perché è una reazione normale che hanno anche gli adulti”.