Difficile immaginare una scena più paradossale. Da un lato, un uomo ricoverato all’ospedale di San Martino Valle Caudina, nel cuore dell’Irpinia, in coma profondo per due mesi a causa di un grave attacco cerebrale. Dall’altro, il Partito Democratico che gli attribuisce una tessera, con tanto di quota pagata, senza che lui abbia mai potuto alzare una mano – e per ovvi motivi.
A denunciare l’assurda vicenda è Cristina Gabriella Monteanu, moglie del malcapitato, dalle colonne del Corriere della Sera. “Non ha potuto firmare la tessera PD, perché durante il tesseramento era ricoverato in ospedale”, spiega con tono indignato. “È stato ben due mesi in coma, poi trasferito in una clinica riabilitativa. Non so chi abbia firmato e pagato la quota della tessera, ma qualcuno, a nostra insaputa, ha usato i suoi dati per sottoscriverla. Ho chiesto spiegazioni, perché mi sembrava il minimo in una situazione così paradossale”.
La signora Monteanu, originaria della Romania, non le manda certo a dire. “Hanno approfittato della nostra situazione. Pensavano di essere al sicuro perché mio marito non poteva chiedere spiegazioni e perché, essendo straniera, pensavano che non mi sarei interessata della vicenda”. La sua determinazione, invece, è stata la chiave per far emergere l’incredibile storia.
La notizia ha scosso anche i piani alti del PD, dove si sono sentiti in dovere di intervenire. Antonio Misiani, senatore del partito, è stato piuttosto categorico: “Questa è una vergogna. Naturalmente prenderemo provvedimenti. Lo abbiamo sempre fatto e lo faremo anche questa volta. Non hanno e non avranno la mia solidarietà i cretini che hanno compiuto questa cosa”.
Nel frattempo, si indaga su chi possa aver firmato la tessera al posto del diretto interessato, e soprattutto perché. Qualcuno ha forse voluto fare numero in un circolo di periferia? O si è trattato di un errore burocratico, seppur difficilmente giustificabile? Di certo, la faccenda è diventata il simbolo di un’anomalia che nessuno si aspettava di dover affrontare.