Timori e dubbi della Grecia profonda prima del referendum

Timori e dubbi della Grecia profonda prima del referendum
30 giugno 2015

Nella quiete incantata del Peloponneso sembra incredibile che fra pochi giorni la Grecia debba votare per un referendum cruciale sulle proposte dei creditori. Anche in paese, qui a Monemvasia sul primo dito del Peloponneso, Bruxelles sembra molto lontana. Però proprietari e gestori dei negozi e dei locali discutono. Molti sono con il premier Alexsis Tsipras, alcuni non sanno se andranno a votare. Molti non vogliono parlare e si trincerano dietro un sorriso o dicendo che non sanno l’inglese. Intanto come ordinato dal governo le banche restano chiuse fino al referendum. I bancomat possono erogare al massimo 60 euro a transazione; di più solo per le carte di credito estere. Ma qui nessuno li ha riforniti. Qualcuno come questa ragazza pensa che bisogna mettersi a studiare. “La gente non sa cosa vuol dire sì o no perché non hanno letto le proposte. Andranno a votare ma non sanno. “Gli anni più importanti della mia vita sono stati nell’Unione Europea. Non ricordo com’era prima. Oggi apparteniamo a qualcosa”. “E’ Tsipras che deve decidere, è lui il primo ministro”. “Devo andare. Cosa voterò non lo so ancora, ma tutti devono votare”. Bisogna aver studiato per conoscere in dettaglio le proposte della troika. Però il referendum è già diventato una consultazione simbolica non solo sull’euro ma sull’Unione europea. “Io sono farmacista. In questi cinque anni la mia vita è molto difficile”. “Vado a votare però io voto no, di non essere in Europa”. “Non è un’Europa popolare, per il popolo, non pensa al popolo”. E il gestore di un locale sul lungomare è d’accordo.”Cosa dico? No. Naturalmente. Perché? Perché voglio essere libero. Questa non è l’Europa, è l’Europa della Germania”. “Penso che tutti voteranno no. Tutti i miei amici, tutta la gente qui”. Dappertutto sventola la bandiera greca; per ora, ancora a fianco del vessillo stellato europeo.

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