La scrittrice polacca Olga Tokarczuk e l’austriaco Peter Handke hanno vinto rispettivamente il Premio Nobel per la Letteratura 2018 e 2019. Cinquantesettenne, considerata una dei romanzieri piu’ dotati della sua generazione in Polonia, Tokarczuk e’ stata premiata per la sua “immaginazione narrativa che con enciclopedica passione rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”, recita il comunicato dell’Accademia svedese. Il Nobel 2019 e’ andato invece ad Handke, per “il lavoro influente che, con ingenuita’ linguistica, ha esplorato la periferia e la specificita’ dell’esperienza umana”. Definito “uno dei piu’ influenti scrittori in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale”, ad Handke e’ stata riconosciuta “la straordinaria attenzione ai paesaggi e alla presenza materiale del mondo, che ha reso il cinema e la pittura due delle sue maggiori fonti di ispirazione”. Quest’anno i Nobel della Letteratura da assegnare erano due, un fatto che non accadeva da settant’anni. Nel 2018, infatti, l’assegnazione era stata sospesa e rinviata di un anno sulla scia dello scandalo di molestie sessuali che travolse Jean-Claude Arnault, regista e fotografo franco-svedese; uno scandalo che aveva portato a una serie di dimissioni dei componenti dell’Accademia svedese, tra i quali la moglie del regista.
HANDKE “E’ stata una decisione molto coraggiosa”: cosi’ Peter Handke, premio Nobel per la Letteratura 2019, in una dichiarazione raccolta in Francia, davanti alla casa di Chaville dove vive, e trasmessa in diretta da Rainews24. Il narratore e drammaturgo austriaco si e’ detto “stupefatto” per la notizia: “Non avevo speranze, non sapevo di essere nella rosa”. E ancora: “Non avrei mai pensato che mi avrebbero scelto, ma non mi sento isolato assolutamente, a volte mi piace anche il rumore, dipende da quale”. “Ricordo quello che e’ successo quando scrivevo della guerra civile jugoslava: c’e’ stato molto rumore. Per questo e’ stata una decisione molto coraggiosa”, ha detto Handke rispondendo alla folla di giornalisti raccolti davanti alla sua abitazione.
Evidente il riferimento alle sue posizioni pro-Serbia durante la guerra serbo-bosniaca e al discorso tenuto al funerale dell’ex presidente Milosevic nel 2006. “E’ un delitto aver parlato al funerale?”, gli e’ stato chiesto. “Non ho nulla da cambiare, la mia natura e’ la mia natura”. E ancora: “Il mio sentimento piu’ importante e’ quello epico come per Cervantes, Tolstoj”. I cronisti lo hanno incalzato ancora sulle emozioni provate nel momento in cui ha appreso la notizia: “Mi sono sentito libero”, ha risposto lo scrittore. “Era una sensazione anti individuale, un grande riconoscimento di quello che posso scrivere, fare e vivere”. Quanto al futuro, Handke ha sottolineato che continuera’ a scrivere: “Questa ormai e’ diventata la mia professione”. Andra’ a Stoccolma a ritirare il Nobel? “Certo, se Dio mi lascera’ andare”.
TOKARCZUK “Premio Nobel! La gioia e l’emozione mi hanno preso”. Cosi’ Olga Tokarczuk, su Facebook, commenta la vittoria del premio Nobel per la letteratura. Gia’ oltre 16mila tra like, commenti e condivisioni sulla sua pagina ai quali la scrittrice risponde con un “grazie mille per tutti i complimenti”.
CHI E’ TOKARCZUK
Il premio Nobel per la Letteratura va a Olga Tokarczuk, scrittrice e poetessa tra le piu’ acclamate della Polonia e la sua opera e’ stata tradotta in trenta Paesi. Dopo la laurea nel 1985, si e’ trasferita a Breslavia e successivamente a Walbrzych, dove ha iniziato a praticare come terapeuta. La Tokarczuk si considera una discepola di Carl Jung e cita la sua psicologia come un’ispirazione per il suo lavoro letterario. Dal 1998 vive in un piccolo villaggio vicino a Nowa Ruda, da dove gestisce anche la sua casa editrice, ‘Ruta’. E’ membro del partito di sinistra Partia Zieloni, i Verdi polacchi. La carriera di scrittrice di Olga Tokarczuk inizia nel 1989 con la pubblicazione di una raccolta di poesie dal titolo ‘Citta’ allo specchio’.
Quattro anni dopo il suo romanzo di debutto, ‘Il viaggio del libro-popolo’, una parabola sulla ricerca di due amanti per il “segreto del libro” (metafora del senso della vita) ambientato nella Francia del XVII secolo e’ arrivato nel 1993 e le ha fatto guadagnare immediata popolarita’ per pubblico e recensori (migliore opera prima di narrativa al Concorso letterario dell’Associazione degli editori polacchi). Nel 1996 pubblica il secondo romanzo, ‘E. E.’, che prende il titolo dalle iniziali della sua protagonista, una giovane donna di nome Erna Eltzner, cresciuta in una famiglia borghese tedesco-polacca a Breslavia (la citta’ tedesca che divenne la polacca Wrocaw dopo la Seconda guerra mondiale) negli anni Venti, che sviluppa capacita’ psichiche.
Nello stesso anno pubblica il terzo romanzo che e’ anche il suo primo grande successo: nell’edizione italiana di E/O il titolo e’ ‘Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli’, mentre nell’edizione di Nottetempo e’ ‘Nella quiete del tempo’). Il romanzo e’ ambientato nel villaggio immaginario di Prawiek (“Alfa” nella prima traduzione italiana) nel cuore della Polonia, popolato da alcuni personaggi eccentrici e archetipici. Il villaggio e’ custodito da quattro arcangeli, dalla cui prospettiva il romanzo racconta la vita degli abitanti per un periodo di otto decenni, a partire dal 1914. Parallelamente ma stranamente distaccato dalla politica polacca del periodo, descrive il continuum di gioie e dolori umani, che Prawiek sembra contenere come in poche parole.
CHI E’ HANDKE
Uno scrittore controverso, spesso provocatorio e schivo. Peter Handke, nato a Griffen in Austria nel 1942, ha vinto il Nobel a 76 anni grazie al frutto del suo lungo lavoro sulla “periferia e la specificita’ dell’esperienza umana” come specificato nelle motivazioni del premio. Ma la storia dello scrittore non e’ solo lo studio dell’animo umano, e’ anche la vita di un intellettuale che si e’ fatto notare per diverse dichiarazioni che hanno suscitato numerose polemiche. Nel 2014 ad esempio si scaglio’ contro il Nobel stesso: “Andrebbe finalmente abolito”, disse, perche’ non faceva altro che creare “un momento di attenzione, nelle pagine dei giornali” senza contribuire granche’ allo sviluppo della letteratura. L’infanzia e’ sempre stata una tematica ricorrente anche quando trattata in maniera velata per lo scrittore austriaco. Ad esempio in “Infelicita’ senza desideri” racconta la vita della madre morta suicida nel 1971 in maniera semi-autobiografica. Un romanzo che ricostruisce “un rapporto istintuale e fisico elementare come quello con la madre”, come scrisse il Corriere in una recensione.
Scrittore allergico alla tecnologia, preferisce da sempre la macchina da scrivere al computer e i manoscritti e i diari ai fogli di testo, in un’intervista al Corriere parlo’ dell’infanzia come di una eta’ legata da sempre alla “mancanza di un luogo”. “Perche’ dall’infanzia conosco il dolore dello sradicamento”, sintetizzo’ e aggiunse: “Cosi’ anche un luogo episodico e’ sempre stato come una grazia per me. Un posto pero’ deve diventare epico: si deve raccontarlo, trasformarlo nel personaggio di una storia, far si’ che possa apparire per tutti”. Per la sua capacita’ di passare dal teatro al testo e al grande schermo e’ stato spesso lodato in quanto versatile interprete della commedia umana. Come ad esempio la trasposizione omonima del suo stesso romanzo “La donna mancina” film del 1978 che fu presentato a Cannes. Ma nel corso della sua smisurata carriera hanno fatto discutere alcune sue posizioni e alcuni scritti soprattutto inerenti al conflitto jugoslavo.
E’ stato spesso etichettato come sostenitore del nazionalismo serbo di estrema destra per aver tenuto un discorso al funerale di Slobodan Milosevic e per avere difeso i diritti dei serbi contro quelli di croati e bosniaci. Come spiego’ al Corriere pero’ il suo pensiero nasceva da quanto visto sui luoghi della guerra: “Non potevo e non posso sopportare i falsi preconcetti secondo i quali i criminali di guerra, gli aguzzini, i cecchini, i campi di concentramento erano sempre soltanto serbi, quando in realta’ nessuno da nessuna parte si e’ risparmiato in torture, in ammazzamenti e pulizie etniche”. Sono tre i reportage dedicati alla situazione dell’ex-Jugoslavia, e per solidarieta’ ai serbi ha rifiutato il premio Buchner. Il legame con il popolo serbo porto’ anche ad incrinare i rapporti con Wenders che invece era schierato sul fronte diametralmente opposto. Per le sue posizioni fu spesso criticato al punto che quando ricevette il premio Ibsen Bernt Hagtvet, esperto studioso dei regimi totalitari disse: “Premiare Handke con il premio Ibsen e’ come dare a Goebbels il premio Kant”.