Torbjorn Rodland, un fotografo tra umanesimo e simbologia
L’artista: “Voglio realmente descrivere il mondo, l’oggetto o la persona che ho di fronte” video
Qualcosa di umano: è sempre più spesso questa la sensazione che ci viene convogliata dalla fotografia quando si declina nel campo dell’arte contemporanea. Una “umanità” che è complessa, a volte bellissima, a volte disturbante, ma più spesso, semplicemente, è percepita come corrispondente alla realtà, proprio in quanto oggetto d’arte che la realtà la sa trascendere. Succede qualcosa di simile anche addentrandosi nella mostra che l’Osservatorio di Fondazione Prada a Milano dedica al lavoro del norvegese Torbjorn Rodland, con la mostra personale “The Touch That Made You”, emozionante e ambiguo percorso nelle potenzialità di un medium. “Io ho cominciato facendo disegni, con un taglio caricaturale – ha detto Rodland ad askanews – in qualche modo ero interessato ai miti, ai simboli, al subconscio e mi sono avvicinato alla fotografia con questo spirito. Quindi è andata così: ho provato a passare da qualcosa che era molto semplice, legato alla vita di tutti i giorni, a qualcosa che era invece simbolicamente potente”. Una simbologia che emerge, discreta ma inesorabile, nelle immagini della mostra, costruite sempre con più livelli di lettura, in una sospensione tra i diversi approcci alla fotografia, concettuale o “realistica”, come ha sottolineato anche il co-curatore della mostra, Hans Ulrich Obrist.
“In un certo senso – ci ha spiegato – ha trovato una terza via, non c’è troppa soggettività e non c’è troppa oggettività. Penso che questa sorta di ossimoro che c’è nelle immagini ci fa sempre ritornare: è incredibile come si possano sempre riguardare le sue foto. C’è qualcosa in queste immagini di Torbjorn Rodland che riesce sempre a colpirci e a renderle indimenticabili”. La sensazione è spesso quella di immagini riprese su un confine, la cui definizione specifica, poi, la può dare soltanto lo sguardo dell’osservatore. “Io – ha aggiunto l’artista – voglio realmente descrivere il mondo, l’oggetto o la persona che ho di fronte: l’elemento descrittivo è molto forte. Ma mi interessa anche l’elemento analitico e la relazione personale che si stabilisce con l’immagine. Perché ogni spettatore porta una storia diversa, un’esperienza diversa che permettono al mio lavoro di prendere vita in modi diversi”. “Talvolta queste immagini – ha concluso Obrist – ci fanno pensare a della fotografia commerciale, ma se guardiamo meglio si capisce che c’è sempre un elemento che va altrove. Lui ha lavorato spesso con le riviste, quindi esiste anche come fotografo di moda, ma poi torna sempre nel mondo dell’arte: è un artista che fa questa navigazione con le immagini tra diverse discipline”. La mostra di Osservatorio, che presenta anche un allestimento molto intrigante e, per usare le parole dello stesso curatore, “intimo”, resta aperta al pubblico fino al 20 agosto.[irp]