Tornano le Province. Si vota a ottobre

7 agosto 2014

Hanno detto che le avrebbero cancellate. Hanno snocciolato le cifre dei risparmi. Ma le Province ritornano. Il prossimo 12 ottobre si voterà per scegliere presidenti e consiglieri. Non solo. Il governo aveva garantito che sarebbero state azzerate le spese, invece, con una modifica dell’ultima ora, la Camera ha previsto rimborsi per i rappresentanti che saranno eletti nell’ente. Ma la beffa suona doppia, visto che ieri il Senato ha dato il via libera all’articolo 28 delle riforme costituzionali, che sopprime dall’articolo 114 della Carta l’indicazione delle Province come parte dell’articolazione territoriale della Repubblica. Cioè: un ramo del Parlamento, il Senato, cancella dalla Costituzione la parola “Province”, l’altro ramo, la Camera, invece, prevede le nuove elezioni nell’ente con tanto di oneri contributivi e permessi retribuiti per i consiglieri. Non è tutto. È stato anche stabilito che a settembre l’esecutivo emanerà un provvedimento per specificare le competenze amministrative che lo Stato dovrà trasferire alle Province, che otterranno anche alcune funzioni delle Regioni.

Andiamo con ordine. Il 31 luglio la Camera ha approvato nella prima Commissione le modifiche al decreto legge numero 90, quello che prevede “misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”. Il 5 agosto è arrivato il via libera del Senato. Tutto ruota intorno all’articolo 23, che si occupa di “interventi urgenti in materia di riforma delle Province e delle Città metropolitane”. Il testo prevede che le elezioni per presidenti e consiglieri provinciali si svolgeranno il 12 ottobre (e non il 28 settembre come era previsto). Ovviamente si tratta di consultazioni di secondo livello, cioè a votare non saranno i cittadini ma tutti i sindaci e i consiglieri dei comuni che compongono le Province commissariate o in scadenza. La convocazione dei comizi elettorali sarà il 2 settembre. La durata in carica del consiglio metropolitano sarà di 5 anni, salvo rinnovo del consiglio del comune capoluogo, quella del presidente di Provincia di 4 anni mentre del consiglio provinciale di 2 anni.

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Il provvedimento approvato da Palazzo Madama ha anche stabilito che “gli oneri contributivi, i permessi retribuiti, i rimborsi spese per la partecipazione alle riunioni degli organi provinciali, nonché delle associazioni di rappresentanza, per gli incarichi di presidente di Provincia, di Consigliere provinciale e di componente dell’assemblea dei sindaci sono a carico della Provincia”. Inoltre è stato cancellato il comma 14 della legge 56/14, che imponeva alle Province che andranno al voto in autunno la gestione ordinaria. L’Upi ha ottenuto il cambio della norma, che dunque, ha spiegato la stessa Unione delle Province italiane, eviterà “di compromettere per i prossimi sei mesi la gestione degli enti, bloccando di fatto qualunque investimento, pur a bilanci approvati”.
Le Province potranno anche assumere altri dipendenti. All’articolo 11, infatti, si prevede per gli enti locali la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile. Siamo molto lontani, dunque, dagli annunci di tagli e risparmi. Era il 25 marzo scorso. Il premier Renzi cinguettava: “Se domani passa la nostra proposta sulle province, tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani #lavoltabuona”. Il senatore Francesco Russo (Pd), relatore del ddl Delrio, anticipava la rivoluzione: “Il Senato voterà a favore dell’abolizione delle Province dimostrando che cambiare si può. Questi sono fatti ed è l’unica cosa che conta”.

Di poltrone ce ne saranno anche di meno ma considerate votazioni, contributi per le spese agli eletti e nuove competenze, le Province sono più vive che mai. A questo punto avrebbe avuto più senso mantenerle e cancellare, invece, gli altri enti intermedi. Il prossimo autunno si voterà in otto delle dieci città metropolitane (Roma Capitale, Napoli, Bologna, Genova, Milano, Torino, Bari e Firenze, non a Reggio Calabria e a Venezia). In questi casi, il sindaco del capoluogo di Regione è automaticamente presidente dell’ente. Poi ci saranno le elezioni nella maggior parte delle Province, tra cui Chieti, Pescara, Teramo in Abruzzo, Isernia in Molise, Frosinone, Latina e Rieti nel Lazio, Avellino, Benevento, Salerno in Campania, Matera e Potenza in Basilicata, Perugia e Terni in Umbria, Catanzaro, Cosenza, Crotone e Vibo Valentia in Calabria, La Spezia e Savona in Liguria, Brescia, Bergamo, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio e Varese in Lombardia.

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