Tortora, la compagna: ancora senza risposta quel crimine giudiziario

17 giugno 2024

Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora

“Oggi ricordiamo i 41 anni dell’arresto di Enzo Tortora, 41 anni sono tanti perché sono metà di una vita normale e sono tanti, troppi, ma sono anche tutti inutili perché quando un Paese, in tanti anni, non riesce a dare una risposta a quel crimine giudiziario che ha colpito Enzo, quando non fa tesoro di un errore, cercando le cause per trovare i rimedi, beh allora devo dire che le questioni di democrazia, di cultura del diritto sono messe in discussione”. Così Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora, davanti alla stele che ricorda il giorno dell’arresto del giornalista e personaggio Tv, avvenuto il 17 giugno del 1983 all’Hotel Plaza di via del Corso a Roma.

“Enzo fu arrestato alle 4.15 del mattino qui all’hotel Plaza e fu portato via con la camionetta dei Carabinieri a sirene spiegata come se avessero catturato Al Capone”, ha ricordato. “Queste spettacolarizzazioni erano necessarie alla Procura di Napoli perché non avevano nulla in mano: Tortora fu arrestato senza una prova, senza un’indagine patrimoniale, una verifica fiscale, senza neanche un’intercettazione, nulla, solo sulla base di una dichiarazione bugiarda e falsa di due pentiti ai quali poi se ne unirono altri che i due procuratori di Napoli Di Persia e Di Pietro si inventarono e in mancanza di prova non poterono fare altro che cercare altri pentiti e ne trovarono diciotto”, ha aggiunto Scopelliti che davanti all’hotel ha organizzato una maratona oratoria assieme all’Unione Camere Penali Italiane.

Enzo Tortora

Quei due magistrati “costruirono un plotone di esecuzione e diedero il comando a Luigi Sansone, presidente del tribunale. Tortora in primo grado doveva essere condannato, non poteva essere assolto, e infatti gli diedero 10 anni di reclusione.
Abbiamo dovuto aspettare ancora un anno per avere il nostro giudice a Berlino che è stato Michele Morelli, un grande magistrato, un fior di magistrato per il quale vale la pena di battersi e di difendere l’onorabilità della magistratura italiana”, ha proseguito Scopelliti.

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“Dalla morte di Enzo (19 maggio 1988, ndr) cerco di ricordare la sua storia proprio per far crescere nella società una coscienza civica perché se noi cittadini fossimo tutti concordi nella necessità di una giustizia giusta, delle riforme per sistemare e appianare le distorsioni del nostro sistema, andrebbe senz’altro meglio perché costringerebbe la classe politica a intervenire”, ha detto ancora Scopelliti.

La compagna di Tortora ha poi voluto ringraziare “il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e tutta l’amministrazione comunale che su suggerimento di Francesco Rutelli – al quale va naturalmente l’apprezzamento più grande – ha voluto dedicare questa stele a Enzo Tortora, perché, come diceva Primo Levi ‘chi dimentica il passato è condannato a riviverlo’. E io sono convinta che nessun cittadino, nessun uomo, nessuna donna vorrebbe che si ripetesse il caso Tortora: oggi colpendo magari noi e domani magari colpendo i propri figli”.

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