Totopremier al via, Renzi lo vuole garante di elezioni a breve

Le dimissioni formali di Matteo Renzi arriveranno solo dopo l’ok alla manovra, ma la partita di chi sarà a guidare il prossimo governo è già in pieno svolgimento. E ovviamente è legata alla durata che si ipotizza per il nuovo esecutivo: traghettare il Paese rapidamente alle elezioni, come sembra volere il premier uscente, o magari – passo dopo passo, approvazione della legge elettorale, poi il G7 a maggio, poi la Legge di Bilancio per il 2018 – arrivare a fine legislatura. Una partita che sarebbe stata al centro dei tanti colloqui avuti oggi da Renzi con altri esponenti del Pd, come Graziano Delrio e Dario Franceschini.

Nella prima ipotesi, se Renzi avrà la forza di convincere il Pd ad andare subito il voto, i nomi ipotizzati sono due: Pietro Grasso, governo istituzionale di scopo da cui sarebbe facile per Renzi mantenere le distanze; oppure Paolo Gentiloni, fedelissimo del premier che darebbe le garanzie di non fare ‘scherzi’ e dimettersi al momento dovuto. Dall’altro lato, nel Pd c’è chi lavora per un governo guidato da Pier Carlo Padoan e che mantenga sostanzialmente inalterata la squadra. Ovvero l’ex ministro dell’Economia di Matteo Renzi, dal quale – è il ragionamento – l’ex premier avrebbe più difficoltà a prendere le distanze, con la stessa squadra che oggi Renzi ha ringraziato per il lavoro svolto. Ipotesi che viene spinta dagli uomini vicini a Dario Franceschini.

Si vedrà già la prossima settimana, con le consultazioni al Quirinale, quale sarà l’orientamento sul nuovo inquilino di palazzo Chigi. Ma poi, chiunque esso sia, il partito del non voto avrà a disposizione altre armi. Innanzitutto, la necessità di una nuova legge elettorale: “Non è detto che sarà un confronto rapido…”, dice chi nel Pd preferirebbe allungare la legislatura, come ad esempio la minoranza interna. E se si dovesse saltare la finestra della primavera, “poi ci sarebbe la presidenza italiana del G8, che non consentirebbe di affrontare in contemporanea un passaggio elettorale complesso”. E poi l’estate, e la sessione di bilancio in autunno. Ecco arrivati alla scadenza della legislatura.

Scenario che gli uomini vicini a Renzi aborriscono: “Avrebbe senso un arco temporale lungo che arriva a fine legislatura con un governo che, ogni volta che prende la parola in aula, c’è Di Battista che spara contro?”, dice ad esempio Matteo Richetti. Che assicura: “Dopo le dimissioni di Renzi andremo dal presidente della Repubblica e diremo che siamo pronti a sostenere la necessità di un governo che porti il Paese al voto prima possibile, secondo me con una nuova legge elettorale”. Ma anche uomini di Franceschini prendono le distanze da quello che sembra essere l’orientamento del ‘capocorrente’, che anche prima del referendum aveva espresso l’auspicio di una legislatura che arrivasse alla scadenza naturale. Ad esempio Antonello Giacomelli scrive che “il percorso della legislatura ora credo si sia sostanzialmente esaurito. La parola torni appena possibile al corpo elettorale”. E anche altri ‘franceschiniani’ di peso immagino “difficile fare un governo con numeri che durino”.

Del resto, con la maggioranza che sembra non poter andare oltre quella attuale, visto che anche Berlusconi non sembra pronto a fornire i suoi voti, è difficile immaginare un governo sostenuto in gran parte dai gruppi Pd, con il segretario del partito contrario, e che duri fino a fine legislatura. Quanto al problema della legge elettorale, i renziani la fanno breve: “Si aspetta la sentenza della Consulta, e si va al voto con l’Italicum corretto dalla Corte”.

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