di Enzo Marino
Dopo i toni durissimi di ieri, rientra in campo la diplomazia nei rapporti tra Russia e Turchia. L’abbattimento di un Sukhoi-24 delle forze aeree russe da parte dei turchi ha portato la temperatura in alto, ma oggi tutte le parti hanno dato segno di una maggiore moderazione almeno da un punto di vista verbale. Ciò, tuttavia, non ha impedito a Mosca di consolidare la sua presenza militare nella regione, di fronte a una tensione che rimane altissima. La tendenza a smussare le asperità era già emersa ieri, quando la Nato aveva precisato che la riunione d’emergenza richiesta da Ankara non era basata sull’articolo 4 del Trattato atlantico sulla difesa, che prevede la consultazione in caso di violazione della sovranità di uno dei paesi membri. Il presidente Usa Barack Obama, da un lato, ha “coperto” la posizione turca, dando la solidarietà ad Ankara, ma nello stesso tempo ha auspicato che episodi come quello di ieri non si ripetano in una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il leader islamo-conservatore si è allineato a questa posizione. Noi non abbiamo assolutamente alcuna intenzione di provocare un’escalation dopo questo incidente”, ha dichiarato davanti a un forum di Paesi musulmani riuniti a Istanbul. “Noi – ha aggiunto – difendiamo soltanto la nostra sicurezza e il diritto del nostro popolo”. Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha avuto toni ancor più pacati. “Noi non abbiamo intenzione di rompere con la Federazione russa”, ha sostenuto in parlamento. “La Russia – ha continuato – è nostra amica e vicina”.
Una certa moderazione è stata messa in campo anche da parte russa. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha parlato per telefono con il capo della diplomazia turca Mevlut Cavusoglu, il quale ha fatto le condoglianze per la morte del pilota russo del Su-24 e del marine impegnato nel salvataggio dell’altro pilota. Lavrov, pur mantenendo il punto sulla questione delle responsabilità e evocando la possibilità che l’abbattimento sia una “provocazione pianificata” ha detto che la Russia “non farà la guerra alla Turchia”, ma intende riconsiderare le relazioni con Ankara. Rappresaglie, apparentemente, di natura economica come il blocco del flusso turistico russo verso la Turchia. A richio, inoltre, il progetto per il gasdotto Turkish Stream, destinato al portare il gas russo ai mercati occidentali attraverso, appunto, la Turchia. Inoltre c’è un’apertura anche sul fronte militare. L’ambasciatore russo in Francia Alexander Orlov stamani ha affermato che Mosca è pronta a creare un “coordinamento congiunto” in funzione anti-Stato islamico (Isis) con Stati uniti, Francia ed eventualmente anche con la Turchia. Acqua sul fuoco, dopo il muro contro muro di ieri e le tensioni palpabili ancora oggi. A Mosca, per esempio, diverse centinaia di persone hanno lanciato pietre e uova contro l’ambasciata turca. Per quanto i modi appaiano più smorzati, il fuoco cova sotto la brace. E Mosca non ha intenzione di perdere punti. Oggi il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha annunciato che presso la base aerea russa in Siria, saranno dislocati missili SAM russi (S-400) che potranno “distruggere qualsiasi bersaglio aereo, che rappresenti una potenziale minaccia per i nostri aerei”. Inoltre, ieri la marina russa aveva inviato nell’area una nave militare lanciamissili.