I carabinieri, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, hanno arrestato su ordine del gip di etneo, sette nigeriani accusati di associazione finalizzata al traffico di esseri umani e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini del Ros e dei carabinieri del nucleo investigativo di Lecce sono scattate a seguito della denuncia presentata da una nigeriana in relazione al sequestro della figlia minorenne. A seguito del rapimento, i sequestratori avevano richiesto il pagamento di un riscatto di 30mila euro per la liberazione della giovane. In realtà le indagini hanno permesso successivamente di verificare che la minorenne aveva deciso autonomamente di intraprendere il viaggio per raggiungere l’Italia, affidandosi al gruppo criminale. La base logistica del gruppo era sia nella nazione d’origine, sia nel nord Africa ed in particolare in Libia nelle città di Sebha, Sabratha e Tripoli, dove operano stabilmente i referenti di bande criminali dedite alla gestione di giovani vittime destinate allo sfruttamento sessuale da far giungere anche in Italia. Le indagini hanno consentito di individuare e identificare sia la minore, sia numerose altre ragazze giunte in tempi diversi sulle coste italiane e destinate al mercato della prostituzione.[irp]
Il reclutamento di giovanissime vittime era effettuato in Nigeria ad opera di persone legate da vincoli di parentela con i referenti dell’organizzazione presenti in Italia, in ragione dell’età, delle fattezze fisiche delle ragazze, nonché della eventuale verginità, caratteristiche documentate anche attraverso fotografie delle ragazze; tutti i migranti venivano trattenuti in attesa di essere trasferiti sulla costa e di salpare alla volta dell’Italia. In attesa dell’imbarco, centinaia di uomini e donne venivano ammassati in edifici fatiscenti, sorvegliati da uomini armati al soldo delle varie organizzazioni criminali e fatti oggetto di umiliazioni psicologiche, violenze fisiche. I migranti più deboli o privi di sensi venivano lasciati sulla strada, letteralmente lanciati dai camion in corsa. I gruppi dei migranti superstiti, giunti sulle coste libiche, restavano in balia di bande di “ribelli” armati che li utilizzavano come “merce di scambio” per la successiva rivendita ad altre organizzazioni criminali. Ancora una volta è stata documentata la sottoposizione al rito voodoo delle ragazze reclutate per esser destinate alla prostituzione: prima di iniziare il viaggio, ogni vittima veniva condotta dal “Native Doctor” (chiamato anche “Babalawoo”) per la celebrazione del rituale per soggiogarle psicologicamente grazie ad una sorta di “obbligo spirituale”, che importa la più stretta osservanza alle prescrizioni impartite dai trafficanti onde evitare eventi nefasti in loro danno e delle loro famiglie. Giunte in Italia le ragazze passavano sotto il controllo delle “Madame”, le quali, attraverso ulteriori riti “voodoo”, la violenza fisica e le intimidazioni, le costringevano alla prostituzione al fine di guadagnare il denaro necessario a saldare il debito contratto.[irp]