La Corte europea di giustizia ha condannato l’Italia, con una sentenza emessa oggi a Lussemburgo, per non aver rispettato una serie di obblighi imposti dalla direttiva Ue sulle acque reflue (91/27/Cee) in centinaia di agglomerati e centri urbani. La sentenza dà ragione alla Commissione europea, che aveva inoltrato il ricorso alla Corte di Giustizia chiedendole di riconoscere le inadempienze dell’Italia, che è stata condannata a pagare le spese legali. L’Italia, ha stabilito la Corte, non ha preso le disposizioni necessarie per garantire che siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane 159 agglomerati nel Paese, e non ha assicurato che siano sottoposte al trattamento appropriato le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie in altri 461 agglomerati.
La sentenza precisa che in altri otto centri urbani (Matera e Rionero in Vulture in Basilicata, Trieste-Muggia in Friuli Venezia Giulia, Anagni nel Lazio, Pesaro e Urbino nelle Marche, Dolianova in Sardegna e Venezia in Veneto), le acque reflue non subiscono prima dello scarico il filtraggio più spinto che sarebbe necessario dopo il trattamento secondario. Inoltre, nelle aree sensibili del bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como (in Lombardia) e del bacino drenante Golfo di Castellammare (in Sicilia), lo Stato non ha garantito che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso in tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l’azoto totale. In 609 agglomerati, infine, l’Italia, non ha predisposto le misure necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali, e tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.