“I boss Antonino Rotolo e Vincenzo Galatolo, in cella si aspettavano la notizia dell’uccisione del pm Nino Di Matteo”. A dirlo è stato il pentito Carmelo D’Amico, rispondendo in videoconferenza al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso nell’aula bunker di Palermo. “Prima di Di Matteo, i servizi segreti volevano morto il dottor Ingroia – ha detto D’Amico -, dopodiché, non essendoci riusciti, i servizi hanno mandato un’ambasciata a Provenzano, che come Rotolo non voleva più le bombe. Quindi sia Ingroia che Di Matteo dovevano essere uccisi con agguati, e non con le bombe”.
“Rotolo – ha osservato il collaboratore di giustizia rispondendo alle domende del pm Tartaglia – mi disse che Provenzano prese tempo sulla condanna a morte di Di Matteo. Una morte che volevano sia Cosa nostra che i servizi segreti, perchè Di Matteo stava arrivando a svelare i rapporti tra mafia, servizi e politici, peggio di quanto aveva fatto Giovanni Falcone”. Quindi D’Amico ha spiegato come il boss Vincenzo Galatolo, durante diversi colloqui avuti in cella, gli fece più volte segno che il magistrato palermitano avrebbe dovuto essere ucciso: “Se n’ave annare, se n’ave annare (se ne deve andare n.d.r.). Avevano stabilito di delegare me per portare avanti questa cosa”.