di Enzo Marino
Sollievo da un lato, disappunto dall’altro. La decisione presa questa mattina dal Tribunale del diritto del mare di Amburgo sul caso dei due fucilieri della Marina italiana Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accoglie solo in parte le richieste avanzate da Roma e rinvia ulteriormente l’eventuale rientro in Italia di Girone. La sentenza, letta dal presidente Vladimir Golitsyn, ordina in sostanza alla Corte suprema indiana di fermarsi: il Tribunale di Amburgo infatti dispone che “l`India e l`Italia si astengano dall`esercizio di qualsiasi forma di giurisdizione sui due Fucilieri di Marina, nell`attesa di una determinazione definitiva del caso da parte della Corte arbitrale, che è in via di costituzione”. Quindi ha riconosciuto alla corte arbitrale internazionale la competenza sulla vicenda. Ma gli stessi giudici, sempre con una maggioranza di 15 contro sei, non hanno accolto la richiesta di Roma in merito al rientro in Italia di Salvatore Girone e alla conferma della permanenza di Massimiliano Latorre in Italia e hanno chiesto, entro il 24 settembre, un nuovo rapporto in proposito da parte dei due Paesi. Nel commentare la sentenza, l’agente del Governo italiano Francesco Azzarello ha detto sottolineato il tribunale del mare “ha riconosciuto la piena legittimazione e competenza della Corte arbitrale sulla vicenda” e che ciò “tutela in parte i diritti italiani”. D’altra parte l’Italia “sta valutando di rinnovare le richieste relative alla condizione dei Fucilieri davanti alla Corte arbitrale non appena questa sarà costituita”.
I due fucilieri della Marina Militare, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono accusati dal governo indiano dell’omicidio di due pescatori al largo delle coste indiane del Kerala durante un’attività antipirateria a bordo del mercantile italiano Enrica Lexie, il 15 febbraio 2012. Con una serie sconcertante di tira e molla la vicenda dei due marò, per i quali si arriva persino a prospettare la condanna a morte, avvelena da allora le relazioni tra Italia e India: la crisi raggiunge il suo apice nel marzo 2013, quando Roma prima decide di non rimandare in India i due fucilieri che erano in Italia per le elezioni politiche, poi, dopo la ritorsione indiana con il fermo a Delhi dell’ambasciatore italiano, Palazzo Chigi decide di consegnarli entrambi alle autorità indiane. Nel settembre 2014 i giudici indiani danno il via libera al rientro di Massimiliano Latorre in Italia per problemi di salute.
Colpito da ictus, Latorre sta seguendo un programma di riabilitazione in Puglia e ha chiesto una nuova proroga della sua permanenza in Italia. Salvatore Girone continua invece a risiedere nell’ambasciata d’Italia in India dove può ricevere la visita dei familiari. Nel frattempo, nel giugno di quest’anno, l’Italia ha attivato l’arbitrato internazionale sul caso dei marò nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, rivolgendosi, al Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo.
TRE ANNI D’ATTESA Il verdetto del Tribunale Internazionale del Mare di Amburgo sul caso dei marò italiani, che ha stabilito a maggioranza che Italia e India devono sospendere ogni procedura, è solo l’ultimo atto di una lunga vicenda giudiziaria che si trascina da tre anni e mezzo. Il 19 febbraio 2012 i due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone furono consegnati alla giustizia indiana con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani su un peschereccio, scambiati per due pirati al largo della costa del Kerala, nel sud dell’India. Massimiliano Latorre, colpito nel settembre dello scorso anno da un ictus in India, ha avuto il permesso di tornare in Italia per curarsi. Rimane ancora trattenuto nel Paese asiatico l’altro fuciliere coinvolto nella vicenda. I due marò italiani erano in missione di protezione della nave mercantile italiana Enrica Lexie, in acque a rischio di pirateria. Qualche giorno dopo il fermo dei due militari italiani, il tribunale di Kollam dispone il loro trasferimento nel carcere ordinario di Trivandrum. Ne escono solo il 30 maggio quando l’Alta Corte del Kerala concede ai due fucilieri la libertà su cauzione di dieci milioni di rupie (143.000 euro) stabilendo l’obbligo di firma quotidiano che gli impedisce di allontanarsi dalla zona di competenza del commissariato locale. Ai due fucilieri viene anche ritirato il passaporto.
Solo a dicembre del 2012, qualche giorno prima di Natale, il governo italiano riesce a ottenere dall’Alta Corte del Kerala un permesso di due settimane per i due militari italiani che consente loro di trascorrere le festività in Italia con l’obbligo di tornare in India alla scadenza del permesso. Tornano quindi a casa il 22 dicembre e vengono interrogati dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo. Il 3 gennaio 2013, alla scadenza del permesso, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone tornano in India, per poi rientrare ancora in Italia alla fine di febbraio, quando ai due fucilieri viene dato un permesso di 4 settimane in occasione delle elezioni politiche. La posizione del governo italiano è, inizialmente, quella di non rimandare i due fucilieri in India ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri annuncia invece successivamente che i fucilieri sarebbero tornati nel Paese asiatico. L’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia quindi in Parlamento le proprie dimissioni irrevocabili in polemica con la decisione del governo di rimandare i marò in India. Il 16 dicembre del 2014 arriva il no della Corte Suprema indiana alle istanze presentate dai marò, anche per quanto riguarda il possibile rientro in Italia di Girone. Dopo mesi di schermaglie politiche e diplomatiche, il governo italiano decide, il 26 giugno scorso, di fare ricorso all’arbitrato internazionale nel quadro della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Oggi la pronuncia del Tribunale Internazionale del Mare di Amburgo.