Trump contrattacca: “Comey ha detto il falso sotto giuramento, è un informatore”
Botta e risposta indiretto tra il presidente americano e l’ex direttore dell’Fbi
La parola di Donald Trump contro quella di James Comey. Si inquadra così il botta e risposta indiretto tra il presidente americano e l’ex direttore dell’Fbi da lui silurato il 9 maggio scorso. A due giorni della prima testimonianza pubblica da allora del capo della polizia federale voluto da Barack Obama nel 2013, il leader americano è tornato ad attaccare. Prima su Twitter, dove giovedì era rimasto sorprendentemente in silenzio sul tema, e poi durante la conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca con il presidente della Romania. “Nonostante così tante affermazioni false e bugie, discolpa totale e completa…e WOW, Comey è un informatore (leaker)!”. Con questo ‘cinguettio’ mattutino, il presidente americano si è vendicato di quanto affermato da quello che ormai è diventato il suo rivale ufficiale, un rivale che lo aveva accusato di avere mentito agli americani e di avere screditato lui e l’Fbi sostenendo che l’Fbi stesso con Comey era nel caos. In pratica i due si accusano vicendevolmente di essere bugiardi. Dal Rose Garden della Casa Bianca, Trump si è difeso: “Molte delle cose che [Comey] ha detto non sono vere. E in gran parte ha confermato quello che avevo detto io”, ossia che il 45esimo presidente americano non era personalmente sotto inchiesta nell’ambito del Russiagate. Peccato che i dettagli forniti da Comey dimostrino come Trump abbia cercato di influenzare la gestione di quell’informazione (il presidente voleva che fosse annunciata pubblicamente in modo da rimuovere “la nuvola” dell’indagine). “Nessuna collusione” con la Russia, ha continuato. “Nessuna ostruzione della giustizia”, che potrebbe comunque avere tentato di ostacolare con la richiesta di chiudere l’indagine sul suo ex consigliere alla Sicurezza nazionale, “il brav’uomo” Michael Flynn. Per Trump si tratta di “scuse da parte dei democratici, che hanno perso un’elezione che non volevano perdere”. Anche perché, a suo parere, “non ho detto” di chiudere un’occhio sul caso Flynn “e anche se l’avessi fatto non ci sarebbe nulla di sbagliato”. Posizione certamente opinabile.
In attesa di capire se ci sono registrazioni delle conversazioni tra i due (“ve lo dirò presto e ne sarete delusi”), la linea di difesa del magnate del mattone è l’attacco: Comey “è un informatore”, motivo per cui sembra che l’avvocato personale di Trump voglia denunciare all’ispettore generale del dipartimento di Giustizia e alla commissione Giustizia del Senato un tale comportamento. Il riferimento è a quanto detto ieri dall’ex direttore dell’Fbi di fronte ai membri della commissione Intelligence del Senato, che sta indagando sul Russiagate, ossia che dopo essere stato licenziato aveva consegnato un memo su un incontro con il presidente a un amico affinché lo desse alla stampa nella speranza (poi diventata realtà) che l’inchiesta sulla Russia fosse affidata a un procuratore speciale. Comey ha però già pronta la sua linea difensiva: quei memo erano appunti personali, dunque non top secret, che si è sentito di condividere. Punto e basta. Tanto più che quei memo rappresentano una pratica a cui non aveva mai fatto ricorso prima, segno dell’urgenza sentita di mettere nero su bianco ogni sfumatura (linguaggio non verbale incluso) dei suoi incontri con il presidente. Un presidente che sempre oggi ha inviato messaggi contrastanti al Medio Oriente sul Qatar. “Sfortunatamente è un Paese che storicamente ha finanziato il terrorismo a livelli alti”, ha detto dal Rose Garden, da dove ha lodato per l’ennesima volta l’Arabia Saudita che ha capitanato lunedì scorso l’isolamento diplomatico ed economico della nazione leader nell’esportazione di gas naturale. Poi però ha invitato tutti i Paesi arabi a fermare “immediatamente” il finanziamento al terrorismo “senza fare nomi”. E il dipartimento di Stato, che poco prima aveva invitato al dialogo le nazioni arabe sostenendo che l’isolamento del Qatar ostacola le attività Usa di controterrorismo, si ritrova di nuovo a fare i conti con un leader imprevedibile.