Dopo il vertice con rappresentanti del settore manifatturiero, Donald Trump ha convocato alla Casa Bianca i leader dell’industria automobilistica. L’obiettivo del 45esimo presidente americano è “lavorare insieme per riportare più posti di lavoro (in Usa), in questo comparto in particolare”. E per raggiungere il suo obiettivo, il successore di Barack Obama è pronto ad “ascoltare le idee” degli invitati che “includono” Sergio Marchionne, Mark Fields e Mary Barra, rispettivamente i numeri uno di Fiat Chrysler Automobiles, Ford e General Motors. L’appuntamento – annunciato dal portavoce Sean Spicer e confermato per quanto riguarda Fca da un portavoce del gruppo ad AskaNews, è oggi per una “colazione” di lavoro al civico 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington. Quella di oggi sarà la prima occasione in cui Trump e i rappresentanti delle Big Three di Detroit si ritroveranno nella stessa stanza per discutere del futuro delle quattro ruote.
ACCORDO LIBERO CAMBIO La posta in gioco è alta visto che il 45esimo Commander in chief intende rinegoziare il North American Free Trade Agreement, l’accordo di libero scambio tra Usa, Canada e Messico che il leader messicano vuole sia preservato o comunque rivisto in modo che sia positivo “per tutti”. Il punto è che nella nazione dell’America centrale i gruppi auto hanno visto crescere negli anni la percentuale del totale delle auto prodotte in Nord America e che Trump ha minacciato alti dazi doganali per chi produce auto in Messico e le importa in Usa. Su questo i Ceo chiederanno certamente chiarezza. “E’ possibile che se tariffe economiche sono imposte e sono sufficientemente grandi, (quelle tariffe) renderebbero antieconomica qualsiasi produzione in Messico e dovremmo ritirarci” da quel Paese, aveva avvertito Marchionne dal Salone dell’auto di Detroit. L’incontro avviene dopo una serie di tweet con cui il miliardario di New York diventato il leader della prima economia al mondo aveva minacciato direttamente la produzione delle Chevy Cruze di Gm e delle vetture Corolla della giapponese Toyota. Ma in campagna elettorale Trump si era scagliato anche contro Ford, intenzionato a spostare in Messico la produzione della sua Focus.
GLI INVESTIMENTI Ad essere stata risparmiata dalle critiche via Twitter è stata Fca, che alla vigilia dell’apertura del Salone di Detroit annunciò un nuovo investimento da un miliardo di dollari in due fabbriche esistenti in Usa che porterà alla creazione di 2.000 posti di lavoro. Qualche giorno prima era stato Ford a dare un “voto di di fiducia” alla nuova amministrazione (ribadito oggi dall’ottimismo espresso dal suo Ceo dopo l’incontro con Trump) annunciando di non costruire più una fabbrica in Messico, cosa che avrebbe richiesto un investimento di 1,6 miliardi di dollari; l’azienda guidata da Fields disse di investire 700 milioni di dollari in una fabbrica in Michigan (Usa), dove verranno creati 700 posti di lavoro nuovi. E dopo la conferenza dell’11 gennaio, anche Gm ha seguito gli esempi dei due rivali americani comunicando a sua volta investimenti da 1 miliardo di dollari in Usa. I Ceo dell’auto Usa – settore che con il 2016 ha chiuso il secondo anno di fila di vendite record – si confronteranno con Trump su questo ma probabilmente anche sulle leggi sulle emissioni: ieri Trump ha promesso di ridurre di “almeno il 70%” l’impianto normativo riguardante l’ambiente. E chissà che Marchionne non discuta delle accuse arrivate dall’Epa, secondo cui Fca ha violato le leggi sulle emissioni; l’accusa è stata rispedita al mittente con un Marchionne che disse categoricamente: “nessuno ha barato”.