Nella sua prima giornata da presidente, Donald Trump ha lanciato un’offensiva verbale senza precedenti contro Panama, mettendo in discussione la sovranità del Canale di Panama e accusando il paese di violare gli accordi storici con gli Stati Uniti. Con una dichiarazione che ha scosso i mercati globali e acceso timori di nuovi conflitti geopolitici, Trump ha affermato: “Siamo stati trattati molto male con questo regalo insensato che non avrebbe mai dovuto essere fatto. La promessa che Panama ci aveva fatto non è stata mantenuta”. Ha sottolineato che le navi americane sono “gravemente sovrattassate” e ha puntato il dito contro l’influenza crescente della Cina sul Canale, dichiarando: “La Cina sfrutta il Canale di Panama, e noi non l’abbiamo dato alla Cina, lo abbiamo dato a Panama. E ce lo riprenderemo”.
Il presidente di Panama, José Raul Mulino, ha risposto con fermezza, ribadendo che “il canale appartiene e continuerà ad appartenere a Panama”. La vicenda storica del Canale di Panama è intrisa di complessità e tensioni. Dopo negoziati falliti con la Colombia, gli Stati Uniti supportarono l’indipendenza di Panama nel 1903, con l’allora presidente Theodore Roosevelt che adottò la cosiddetta “diplomazia delle cannoniere” per garantire il controllo americano sul Canale. Questo controllo fu formalizzato tramite il trattato Hay-Bunau-Varilla, che concedeva agli Stati Uniti la gestione perpetua di una zona di dieci miglia in cambio di dieci milioni di dollari e un canone annuale di 250.000 dollari, suscitando decenni di risentimento per l’apparente violazione della sovranità panamense. Il Canale fu inaugurato nel 1920.
Nel 1977, sotto l’amministrazione di Jimmy Carter, ora recentemente scomparso, furono firmati i trattati Torrijos-Carter, che prevedevano il trasferimento del Canale a Panama entro il 2000 e garantivano la neutralità del passaggio. Panama ha assunto il controllo del Canale il 31 dicembre 1999. Oggi, il Canale è un nodo cruciale per il commercio mondiale, collegando l’Atlantico al Pacifico e riducendo drasticamente i tempi di navigazione tra l’Asia e i porti americani. Le alternative, come il passaggio di Capo Horn o il trasporto terrestre, comportano costi e impatti ambientali significativi. La Cina ha intensificato la sua presenza in Panama, tanto che nel 2017 il paese ha rotto i rapporti diplomatici con Taiwan per riconoscere la Repubblica Popolare Cinese, e nel 2018 è divenuto il primo paese latinoamericano a firmare l’Iniziativa Belt and Road.
La presenza cinese si estende anche alla gestione dei porti ai due estremi del Canale da parte della CK Hutchison Holdings di Hong Kong, sollevando preoccupazioni sulle possibili implicazioni strategiche. In risposta alle critiche di Trump, Panama ha avviato un audit sulla Panama Ports Company, controllata da Hutchison, per garantire la trasparenza delle operazioni. Questo gesto riecheggia il precedente audit del 2021 che ha portato alla revoca di un contratto alla cinese Landbridge.
Gli Stati Uniti, come principale utilizzatore del Canale e maggiore investitore in Panama, detengono ancora un’enorme influenza economica, ma la Cina offre alternative competitive che mettono in discussione questo dominio. Le tariffe di transito sono state aumentate a causa della siccità degli ultimi anni, un fattore che Trump ha utilizzato per giustificare la sua posizione aggressiva. Trump sembra puntare a due obiettivi principali: rinegoziare le tariffe di passaggio o addirittura riappropriarsi del controllo del Canale. Le sue critiche ai trattati di Carter e le accuse di violazione della neutralità del Canale da parte di Panama e della Cina potrebbero segnare l’inizio di una nuova era di confronti geopolitici nell’America Latina.