“Per far diventare questa critica, tutto sommato giustificata e legittima, una rottura – avverte Deliolanes – Tsipras dovrebbe firmare un accordo pessimo, ma lo escludo”. A dividere il partito di Tsipras anche la nomina dell’economista Elena Panaritis a rappresentante della Grecia presso il Fmi. In una lettera inviata a Tsipras, circa 40 parlamentari di Syriza hanno chiesto che la nomina di Panaritis venga revocata: le sue opinioni sono in conflitto con il programma di Syriza, perché quando era parlamentare del Pasok aveva sostenuto la politica di austerità del governo di Antonis Samaras (Nuova democrazia), con cui il partito socialista era alleato, sostengono i parlamentari. Deliolanes esclude, però, che tali richieste e avvertimenti dalle ali interne di Syriza siano un gioco delle parti in vista dei negoziati con Fmi, Bce e Ue. “La critica interna a Syriza non rafforza, ma indebolisce la trattativa di Tsipras, perché alimenta lo scenario golpista di un cambio nella composizione del governo: fuori la sinistra e Greci indipendenti e dentro l’oligarchia di To Potami e forse anche il Pasok”. I malumori interni rappresentano, comunque, un serio grattacapo per il premier greco che dovrà ottenere un accordo per il salvataggio del Paese che superi la prova del Parlamento, in cui il suo governo ha una maggioranza di soli 12 seggi. Il fallimento della ratifica potrebbe portare a elezioni anticipate e una rottura del fronte di sinistra.
“Se come credo l’accordo sarà gestibile e non andrà contro la linea rossa sull’austerità non ci sarà il dissenso parlamentare – sostiene Deliolanes – Forse qualcuno, come l’economista Lapavitsas, che sostiene il ritorno alla dracma, sarà comunque contrario, ma non avrà la forza per minacciare il governo”. Diversamente “se l’accordo sarà pessimo, allora ci sarà un serio problema di compattezza del gruppo parlamentare e di tenuta del governo e si potrebbe andare al referendum sull’euro e alle elezioni. Ma non ha senso trattare per quattro mesi per raggiungere un risultato impresentabile”. Se si dovesse andare al voto, a pagare le conseguenze più dure sarebbe, però, Syriza e non Tsipras, secondo Deliolanes: “Tsipras politicamente è molto più avanti di Syriza, che per buona parte è rimasto quel partito che otteneva il 4%. Alle elezioni di gennaio Syriza ha preso 2 milioni e 200 mila voti ma è rimasto un gruppo di 30 mila militanti, alcuni dei quali politicamente inservibili. In caso di rottura con Tsipras, Syriza tornerà al vecchio 4% e Tsipras volerà verso il 50%”. Alla prova dei fatti quando Tsipras presenterà il piano di salvataggio al Parlamento potrebbe contare sui voti di To Potami, che ha fatto sapere che voterà qualsiasi strategia che mantenga Atene nell’euro. Nuova Democrazia ha, invece, preso tempo e aspetta i dettagli prima di qualsiasi decisione sulla ratifica.