Tsunami Brexit, l’onda d’urto travolge la politica britannica. Gongola l’Ukip

Tsunami Brexit, l’onda d’urto travolge la politica britannica. Gongola l’Ukip
24 giugno 2016

di Giuseppe Novelli

regina elisabbettaDimissioni del premier David Cameron, leadership contestata nel Labour, trionfo degli xenofobi dell’Ukip: lo tsunami Brexit si è abbattuto anche sulla scena politica britannica e si attendono forti turbolenze nei mesi a venire. Il voto al referendum britannico di ieri pone anche la questione di un voto anticipato di cui per ora si sussurra solo a fior di labbra. Le conseguenze della Brexit hanno colpito il primo luogo Cameron, artefice di un referendum che ha indetto e che si è trasformato nel suo certificato di morte politica. Dopo i risultati del voto il capo conservatore ha annunciato le dimissioni nonostante la manifestazione di sostegno ricevuta solo poche ore fa da 84 deputati euroscettici del suo partito. Prendendo l’iniziativa nel 2013 di organizzare il referendum, Cameron, 49 anni, aveva risposto alle istanze euroscettiche del suo partito, ma anche a quelle del popolo britannico, come dimostra l’esito del voto: il 51,9% ha scelto di rompere con le istituzioni di Bruxelles.

“L’UOMO CHE CI HA FATTO USCIRE DALLA UE” Ma il premier è stato soprattutto in questi mesi il volto del “Remain” che ha difeso da Westminster alla remota campagna gallese le ragioni della permanenza di una Gran Bretagna “più forte” nella Ue. “Ci si ricorderà ora soprattutto di David Cameron per il modo in cui è finito il suo mandato” spiega Andrew Blick, del King’s College di Londra. “David Cameron sa che il suo epitaffio politico è ‘l’uomo che ci ha fatti uscire dalla Ue”, rincara il quotidiano online The Independent in un editoriale. Cameron resterà al suo posto fino alla designazione del successore, entro il congresso conservatore di ottobre. I favoriti per la successione, scrive il quotidiano conservatore The Telegraph, sono Boris Johnson, ex sindaco di Londra e leader della campagna per la Brexit e il ministro della Giustizia Michael Gove, capo dei Brexiter dentro il governo. Chiunque sia il futuro leader conservatore, avrà il compito non facile di sopire le polemiche in un partito profondamente diviso dall’aspra campagna referendaria. L’analista Iain Begg, della London School of economics pensa che i conservatori riusciranno a “ricompattarsi”, ma la prezzo del sacrificio, oltre che di Cameron, del suo ministro delle Finanze George Osborne, anima nera del premier. Oltre a Boris Johnson, tra i principali beneficiari della Brexit potrebbe esserci la “banda dei sei” ministri pro Brexit del governo, guidata da Gove.

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CORBYN MINACCIATO DA UN “GOLPE INTERNO” Lo tsunami colpisce anche il Labour, principale partito d’opposizione, e il suo leader Jeremy Corbyn, sotto accusa per il suo impegno tiepido nella campagna a favore del ‘Remain’. “Sarà molto complicato per Corbyn, che verrà accusato di essere entrato tardi nella campagna” dice Begg, che vede “balenare i coltelli” nel Labour, dove una parte della dirigenza non vede l’ora di far cadere Corbyn. “Gli si rimprovererà la performance debole nel corso della campagna” prosegue Begg, che ipotizza “un golpe interno”. L’Ukip, il partito eurofobo e anti-immigrati di Nigel Farage, non dovrebbe essere toccato dalla tempesta: lasciare la Ue è l’obiettivo principe e dichiarato del Partito per l’indipendenza del Regno unito. Le sue tesi hanno alimentato la retorica antieuropea della campagna e oggi può rivendicare di aver contribuito alla vittoria della Brexit, rafforzando la sua posizione sulla scena politica interna. Gli indipendentisti scozzesi, poi, per bocca della leader Nicola Sturgeon, hanno fatto sapere che pensano a un nuovo referendum sull’indipendenza, dopo che il popolo scozzese ha indicato con il voto di ieri “che il suo futuro è nella Ue”. (fonte Afp)

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