Lo scontro che va avanti da mesi tra il premier tunisino, Youssef Chahed, sospeso ieri dal suo partito e una parte della classe politica, guidata dal figlio del presidente Caid Essebsi, ha paralizzato lo Stato, ostacolando il lavoro parlamentare, l’organizzazione delle prossime elezioni e gli sforzi urgenti necessari per fronteggiare una profonda crisi sociale che rischia di alimentare nuove tensioni.[irp]
“In Tunisia attualmente e’ tutto bloccato, c’e’ un’incertezza totale”, spiega l’analista politico Hamza Meddeb. “Il Paese e’ totalmente assorbito dalle manovre politiche a breve termine, dalle ambizioni personali degli uni e degli altri a scapito dell’urgenza economica, delle priorita’ sociali e dei progetti strutturali”, lamenta. Nonostante il governo si vanti di una crescita piu’ forte, al 2,8% nel secondo trimestre, i tunisini percepiscono maggiormente l’erosione del loro potere d’acquisto, indebolito dall’inflazione all’8% e un continuo deprezzamento del dinaro. La disoccupazione rimane sopra al 15%.
Chahed, il settimo premier dalla rivoluzione del 2011 che ha messo fine ad anni di dittatura, ha infranto un record di longevita’ dalla sua nomina a fine agosto 2016. Apprezzato dai finanziatori internazionali che mantengono a galla la Tunisia, e’ anche sostenuto dal movimento di ispirazione islamica Ennahdha, divenuto il principale partito politico nel Parlamento. Tuttavia e’ costretto ad affrontare da mesi una forte opposizione proveniente da una fazione del suo stesso partito, Nidaa Toune’s, guidata da Hafedh Caid Essebsi, figlio del presidente tunisino. Perfino il capo dello Stato, Be’ji Caid Essebsi, aveva parlato a meta’ luglio della possibilita’ di dimissioni del premier.[irp]
Una richiesta che viene costantemente rinnovata dal potente sindacato centrale Ugtt, fiero oppositori dei piani di privatizzazioni che il premier e’ accusato di preparare per la compagnia di bandiera Tunisair e diverse banche e gruppi industriali pubblici. Chahed e’ tornato all’offensiva questa settimana, difendendo la legge di bilancio, da presentare entro la meta’ di ottobre, che rischia di scontentare una fetta importante della popolazione non avendo previsto iniziative contro inflazione e disoccupazione. La preoccupazione e’ che, al di la’ del braccio di ferro politico, lo stallo possa esacerbare le tensioni sociali e rimettere in discussione la transizione democratica nel Paese pioniere della Primavera araba. Il popolo tunisino, stremato dalla crisi otto anni dopo la rivoluzione, e’ al limite. Gli aumenti dei prezzi inseriti nell’ultima legge finanziaria avevano rianimato a gennaio le mobilitazioni sociali, degenerando molto rapidamente, cosi’ come sono aumentate le partenze verso l’Europa.