Il giorno dopo le parole di Mario Draghi sul presidente turco Erdogan e la dura reazione di Ankara, da Palazzo Chigi e dal governo italiano non arrivano posizioni ufficiali sul caso. Draghi ha passato la giornata nel suo ufficio e il contrasto con la Turchia non è stato, secondo quanto si apprende, tra i temi della suo agenda. “Non ci sono novità, la questione è seguita per via diplomatica”, spiegano fonti dell’esecutivo. Draghi ieri sera, in conferenza stampa, aveva commentato l’episodio della sedia negata alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen nell’incontro con Erdogan, dicendo di essersi “dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione” e aggiungendo che “con questi dittatori, di cui però si ha bisogno per collaborare, uno deve essere franco nell’esprimere la diversità di vedute e pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio paese, bisogna trovare l’equilibrio giusto”.
Parole che hanno scatenato la reazione di Ankara che ha annunciato di voler richiamare l’ambasciatore in Italia per consultazioni. La Turchia, si legge in un comunicato, si aspetta che “queste dichiarazioni impertinenti e inopportune, che non possiamo collegare in alcun modo all’amicizia e alleanza turco-italiana, vengano immediatamente ritirate”. “Se vuole vedere cos’è una dittatura, deve guardare al passato del proprio Paese, dove ne vedrà l’esempio”, ha rincarato il vice presidente turco Fuat Oktay. In Italia Draghi incassa il sostegno di tutte le forze politiche. Per il leader della Lega Matteo Salvini “la Turchia è un rischio, sta ricattando l’Ue e penso che un’Europa con un po’ di spina dorsale non possa subire il ricatto di un signore che usa milioni di rifugiati”. Anche Giorgia Meloni apprezza “le parole ferme e chiare del presidente Draghi” e auspica che siano il primo passo “per difendere con forza gli interessi italiani nel Mediterraneo e arginare l’espansionismo politico e culturale del regime islamista di Ankara”. “Draghi ha detto quello che pensava in maniera forte, che non siano rispettati certi diritti in Turchia è naturale e lo dicono tutti. Mi auguro che la Turchia faccia un passo indietro e torni a quella di qualche anno fa”, ha commentato il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani.
Per Lia Quartapelle, capogruppo Pd in commissione Esteri della Camera, “il presidente Draghi ha detto come stanno le cose. Erdogan reprime la stampa e la libertà accademica, arresta i parlamentari e destituisce i sindaci. Il risultato è che la Turchia è in crisi economica, in guerra con i vicini e i turchi soffrono repressione e mancanza di libertà”. Il M5s, con il vice capogruppo al Senato Gianluca Ferrara, chiede “di interrompere ogni fornitura di armamenti italiani verso la Turchia” mentre Nicola Fratoianni (Si) auspica che sia convocato l’ambasciatore turco in Italia “per chiedere conto della loro reazione”. L’eco dello scontro diplomatico arriva anche a Bruxelles, che però si tiene fuori dalla contesa. L’Unione europea – ha spiegato il portavoce del Servizio di azione esterna dell’Ue (Seae), Peter Stano – ha espresso pubblicamente e ripetutamente, a diversi livelli, una serie di “preoccupazioni” riguardo alla situazione della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti fondamentali in Turchia, ma non sta alla Commissione “qualificare un sistema” come una dittatura “o una persona” come un dittatore. askanews