È deceduto per le ferite riportate Andrej Karlov (foto, sx), ambasciatore russo ad Ankara. Secondo fonti di RIA Novosti, è morto sulla strada per l’ospedale. Sono state ferite anche altre tre persone. Tutto è accaduto in occasione dell’apertura della mostra fotografica: “La Russia attraverso gli occhi dei turchi”. Nella sala ha fatto irruzione un uomo armato – poi è risultato essere un poliziotto in servizio effettivo – che ha aperto il fuoco. “L’omicida è un poliziotto”, ha scritto il sindaco di Ankara, Melih Gokcek, sul proprio account Twitter. L’assassino, Mert Altintas, ha sparato al grido “Allah è grande”. Testimoni raccontano di avergli sentito pronunciare la frase “Noi moriamo ad Aleppo, tu qui”. Il poliziotto dei reparti antisommossa ha prestato servizio per la scorta del presidente Recep Tayyip Erdogan in due diverse occasioni. Sia il presidente turco che altri quadri del partito di governo Akp, infatti, hanno espresso il sospetto che l’omicidio dell’ambasciatore Andrey Karlov possa essere stato ordito dal magnate e imam Gulen, ritenuto la mente del golpe dello scorso 15 luglio, per rovinare le relazioni tra Ankara e Mosca.
SOSPETTATO GULEN A rendere quest’ipotesi meno plausibile il fatto che Mevlut Mert Altintas, l’assassino, in due diverse occasioni precedenti fallito golpe ha prestato servizio nella scorta del presidente. Sia a Konya nel 2014 che a Bursa nel febbraio 2015, infatti, Altintas e’ stato uno degli addetti alla sicurezza di Erdogan. La polizia sta attualmente indagando nel percorso educativo dell’assassino, per verificare che non abbia frequentato scuole appartenenti a Fetullah Gulen. Ancora non e’ chiaro chi ci sia dietro l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara, anche se il riferimento ad una “vendetta per Aleppo” urlato dal killer lascia pensare ad una matrice islamica piu’ che curda, l’evento sta avendo l’effetto di rinsaldare ancora di piu’ i legami tra Turchia e Russia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha infatti telefonato all’omologo Vladimir Putin. Domani e’ previsto un summit trilaterale a Mosca sulla Siria con i ministri degli Esteri di Russia, Turchia e Iran, cui non sono stati invitati gli Stati Uniti.
L’AGGUATO Il quotidiano filogovernativo Yeni Safak ha precisato che l’agente, identificato con le sole iniziali M.M.A., faceva parte delle unità anti-sommossa di Ankara. L’ambasciatore Karlov stava parlando, quando è stato colpito da diversi colpi di arma da fuoco. Un giornalista del quotidiano, Hasim Kilic, invece, ha parlato di un solo aggressore che poi è stato ucciso dalle forze speciali turche. Un altro cronista del quotidiano Hurriyet presente all’evento, ha spiegato che l’aggressore ha sparato mentre Karlov teneva il suo discorso: “Un uomo grosso, ha sparato prima verso l’alto e poi ha puntato all’ambasciatore”, ha raccontato il giornalista. “Vicini alla Federazione Russa per l’orrenda uccisione dell’ambasciatore Karlov ad Ankara”. Lo scrive il premier, Paolo Gentiloni, su Twitter. Intanto, sale la tensione ad Ankara. Dopo l’uccisione dell’ambasciatore russo Andrey Karlov, colpi d’arma da fuoco sono stati avvertiti nei pressi dell’ambasciata statunitense nella capitale turca. Lo riferisce su twitter il dipartimento di Stato americano che invita i connazionali “ad evitare di recarsi nella legazione fino a nuovo ordine”. L’ambasciata Usa si trova a circa 5 km dalla galleria d’arte dove e’ stato ucciso Karlov.
CHI ERA Aveva una moglie e un figlio. E l’ultima parte della sua vita diplomatica è stata una vera prova del fuoco, conclusa tragicamente. Andrey Karlov, ucciso oggi ad Ankara in un attentato terroristico, era stato nominato il 12 luglio 2013 ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione Russa in Turchia. In questa posizione, aveva sostituito Vladimir Ivanovsky, che è stato l’ambasciatore russo ad Ankara dal 2007 al 2013. Ma se a quest’ultimo la sorte aveva riservato il fiorire delle relazioni tra Vladimir Putin e la dirigenza di Erdogan, a Karlov era toccato tutt’altro: una crisi profonda durata almeno 7 mesi tra i due Paesi e scatenata dall’abbattimento di un jet russo in territorio siriano, ma vicino al confine turco, a novembre 2015. L’evento, tragico e nefasto, aprì uno dei capitoli più neri nella storia dei due Paesi: il primo impegnato a rafforzare la sua influenza geopolitica e direttamente coinvolto nella soluzione del conflitto siriano, il secondo, membro della Nato ma fino allo scorso autunno partner privilegiato della Federazione russa. Negli ultimi mesi le rispettive diplomazie avevano lavorato per rimettere insieme i cocci, in un lavoro complicato e certosino, ripartito con un incontro ad agosto tra Putin ed Erdogan.