Le estese operazioni di epurazione avviate da Ankara contro i presunti membri del movimento Hizmet di Fethullah Gulen (foto), accusato di aver architettato il fallito golpe del 15 luglio scorso, hanno coinvolto decine di migliaia di persone e stentano ancora ad arrivare a una conclusione. Nel frattempo il governo turco continua a correre ai ripari, anche per impedire che una formazione come quella di Gulen, nota anche come “la Confraternita” (Cemaat, in turco), non possa più acquistare tanto potere. In Turchia, in particolare negli ultimi 15 anni, sono diverse le confraternite che risultano avere accresciuto il proprio peso a livello locale, ma anche a livello più diffuso, attraverso una proficua partecipazione all’economia nazionale. Tuttavia, a detta degli esperti, nessuna di queste realtà basate su una gerarchia religiosa risulterebbe avere raggiunto un’influenza come quella del movimento Hizmet. Resta comunque il fatto che l’esecutivo turco abbia sentito l’esigenza di organizzare un incontro con diverse decine di confraternite religiose e che abbia affidato questo compito al Direttorato per gli affari religiosi, un ente statale che dispone di circa 120mila dipendenti e di un budget che per il 2016 supera i 6 miliardi di lire turche (circa 1 miliardo e 700mila euro). L’istituzione, durante il periodo del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di Recep Tayyip Erdogan, ha accresciuto in maniera esponenziale sia il numero di dipendenti che i fondi a propria disposizione. E ora sembra che la sua influenza sia destinata ad accrescersi ulteriormente.
Nato con la fondazione della Repubblica, dietro l’idea originaria del Direttorato vi era l’intenzione di creare un Islam funzionale alla modernizzazione del Paese, e nello stesso tempo una struttura per garantire il controllo dello Stato sulla religione. Le funzioni dell’ente, limitate originariamente all’organizzazione e alla gestione degli spazi di preghiera, nonché a informare sulle questioni religiose (rigorosamente musulmano-sunnite), sono cresciute assieme al numero delle scuole per la formazione degli imam, delle facoltà di teologia e dei corsi coranici gestiti dall’ente. E proprio oggi il Direttorato ha presentato un rapporto in cui – alla luce dei drammatici eventi registrati nel paese per causa del movimento gulenista, denominata FETO “organizzazione terroristica di ispirazione gulenista” – auspica un ulteriore allargamento dei propri poteri. “Il report sullo sfruttatore della religione FETO”- così nominata la risultante del recente Congresso straordinario di religione a cui ha partecipato anche il presidente Erdogan – riporta una serie di decisioni, che partendo dalla presa di atto “degli errori commessi dalla politica e dallo stato” nel valutare il movimento gulenista si concludono con l’espressione della necessità dell’allargamento delle responsabilità e del potere legale del Direttorato. Il tutto “affinché venga impedito che i movimenti travestiti da religione” possano “sfruttare i sentimenti pii delle persone”.
A riguardo è inclusa nel documento anche una proposta specifica riguardante i giovani, ossia “la formazione di gruppi giovanili legati alle moschee” – si parla di una rete composta da almeno 87mila strutture in tutto il Paese – con il proposito di formare “una gioventù ideale” in continua corrispondenza con il Direttorato. Il rapporto sembra rappresentare un suggellamento della serie di incontri preliminari avviati qualche giorno fa dal Direttorato con i rappresentati delle diverse confraternite religiose, prima di una riunione plenaria prevista prossimamente, ma ancora in data da stabilirsi. Vietate già dal 1925, agli albori della Repubblica, ma di fatto rimaste sempre presenti e attive nel tessuto sociale, le confranternite vengono chiamate in causa in maniera così dichiarata dallo stato per la prima volta. Lo scopo sarebbe quello di capire le loro “richieste”, riferendo di rimando le “aspettative” del Direttorato. Un altro tema degli incontri riguarderebbe proprio l’assegnazione di uno status legale alle confraternite, oltre la necessità di trasparenza, i problemi relativi al loro ingresso nel commercio e nella politica. Ma secondo diversi osservatori, non solo il tentativo di porre sotto il controllo dello Stato delle formazioni informali basate su proprie gerarchie e regole risulta estremamente difficile, ma anche molto pericoloso, per il rischio di mettere in moto nuove dinamiche di competizione per il potere, con un irreparabile allontanamento dai principi di uno Stato laico.