Ieri il governo turco ha emesso il primo decreto dello stato d’emergenza, che aumenta da quattro a 30 giorni il periodo di detenzione senza incriminazione, ricorda Amnesty. Questa modifica rischia di esporre i detenuti ad altre torture. Il decreto autorizza a osservare o persino registrare gli incontri tra avvocati e detenuti e restringe le possibilità di nominare un difensore di propria scelta, compromettendo ulteriormente il diritto a un processo equo, si aggiunge in una nota. Amnesty International ha parlato con avvocati, medici e una persona in servizio all’interno di una struttura detentiva. L’organizzazione per i diritti umani ha ricevuto numerose denunce relative a detenuti trattenuti in centri non ufficiali, come centri sportivi e stalle. Diversi detenuti, tra cui almeno tre giudici, erano trattenuti nei corridoi dei tribunali. Tutte le persone incontrate da Amnesty International hanno chiesto di rimanere anonime per ragioni di sicurezza. L’organizzazione ha ascoltato resoconti estremamente allarmanti di maltrattamenti e torture, soprattutto nel centro sportivo della polizia di Ankara, nel palazzetto dello sport Baskent e nelle stalle di un centro ippico, sempre nella capitale. Secondo queste denunce, la polizia costringe i detenuti a rimanere in posizioni che causano dolore fisico, nega loro cibo acqua e cure mediche, li sottopone a insulti e minacce e infligge loro pestaggi e torture, compresi gli stupri e le aggressioni sessuali. Due avvocati di Ankara hanno riferito ad Amnesty International che i loro clienti hanno assistito allo stupro, con un manganello e con le dita, di un militare di alto grado ad opera di agenti di polizia. Una persona in servizio presso il centro sportivo della polizia di Ankara ha visto un detenuto con gravi ferite da colpi contundenti, tra cui un grande ematoma sulla testa.
Non condannare le torture equivale a condonarle’, ha commentato Dalhuisen. Amnesty International ha poi incontrato oltre 10 avvocati ad Ankara e a Istanbul, i quali hanno riferito sulle condizioni detentive dei loro clienti. Ciascun avvocato rappresenta fino a 18 detenuti, la vasta maggioranza dei quali è costituita da militari di basso grado e soldati di leva. Tra gli altri detenuti vi sono giudici, magistrati, funzionari civili e di polizia. Si tratta soprattutto di uomini, alcuni dei quali di 20 anni di età. I resoconti degli avvocati, incontrati separatamente e che hanno chiesto l’anonimato, sono significativamente simili. Tutti hanno detto che nella maggior parte dei casi i loro clienti sono rimasti per quattro o più giorni nelle mani della polizia.
Salvo poche eccezioni, non hanno potuto informare i loro familiari su dove si trovassero o su cosa stesse loro accadendo, né sono stati in grado di telefonare a un avvocato. Nella maggior parte dei casi, hanno incontrato i difensori appena prima di essere portati in tribunale o essere interrogati da un procuratore. Un’avvocata, quando finalmente è riuscita a incontrare i suoi clienti, ha potuto informare le loro famiglie. Non sapevano nulla ed erano felici di sapere che i loro congiunti fossero ancora vivi. Amnesty International ha anche incontrato un parente di un ufficiale di alto grado detenuto ad Ankara. I familiari sono riusciti a parlargli sabato 16 luglio, poi il suo cellulare è stato confiscato e da allora non hanno più avuto sue notizie. Hanno fatto il giro dei centri di detenzione di Ankara ma solo per sentirsi dire che il detenuto non era presente. Il militare non ha avuto accesso a un avvocato. Questa è una sparizione forzata, una pratica considerata crimine internazionale che priva i detenuti delle salvaguardie prevista dalla legge, li separa dal mondo esterno e li pone ad alto rischio di essere vittime di tortura o di esecuzione extragiudiziale.
Gli avvocati hanno riferito ad Amnesty International che, nella maggior parte dei casi, né a loro né ai loro clienti sono state fornite informazioni sui reati contestati e che in questo modo è difficile preparare una linea difensiva. Soldati arrestati sono stati portati di fronte a un giudice a gruppi di 20-25 per volta. Secondo un avvocato, difendere un cliente in una situazione come questa è come ‘cercare qualcosa con la luce spenta’. Solo uno dei detenuti rappresentati dagli avvocati incontrati da Amnesty International è stato in grado di nominare un difensore di sua scelta. Gli avvocati che esercitano privatamente sono stati esclusi dalla rappresentanza dei detenuti, cui sono stati assegnati avvocati di ufficio. Gli incontri tra detenuti e avvocati sono limitati. Dopo le udienze, questi ultimi non hanno potuto parlare coi loro clienti, che sono stati rimandati in detenzione preventiva. ‘Siamo di fronte a gravi violazioni del diritto a un processo equo, riconosciuto tanto dalla legge turca quanto dal diritto internazionale. Comprendiamo che la Turchia sia preoccupata per la sicurezza, ma nessuna circostanza può mai giustificare la tortura e la detenzione arbitraria. Il clima che si respira attualmente in Turchia è di paura e shock. Il governo deve riportare il paese sulla strada del rispetto della legge anziché impegnarsi in una rappresaglia’, ha affermato Dalhuisen.
In quanto stato membro del Consiglio d’Europa, la Turchia ha l’obbligo di cooperare col Comitato, che è l’unico organo indipendente autorizzato a effettuare visite ad hoc in tutti i centri di detenzione in Turchia, nei tempi di sua scelta. L’Istituzione nazionale sui diritti umani della Turchia, che aveva accesso alle strutture detentive del paese, è stata abolita nell’aprile 2016 senza essere rimpiazzata da alcun altro organo con pari mandato. Nell’attuale situazione in cui migliaia di persone sono detenute in luoghi sconosciuti, senza contatti con avvocati e familiari, per lunghi periodi di tempo in attesa del processo e di fronte alle tante denunce di tortura, è fondamentale che sia consentito l’accesso agli osservatori nei centri di detenzione. ‘Sollecitiamo le autorità turche a rispettare i loro obblighi di diritto internazionale e a non abusare dello stato d’emergenza annullando i diritti dei detenuti. Il divieto di tortura è assoluto e non può mai essere indebolito o sospeso’, ha precisato Dalhuisen. Amnesty International ha chiesto infine alle autorità turche di condannare l’uso della tortura nei centri di detenzione e di prendere misure concrete per contrastarla e per chiamare a risponderne i responsabili. Le autorità dovranno anche garantire che le associazioni legali e le famiglie siano immediatamente informate delle detenzioni e che gli avvocati possano liberamente incontrare i loro clienti in tutte le fasi della detenzione.