di Daniele Di Mario
LE REGIONALI La cartina tornasole del caos alfaniano è la partita delle alleanze in vista delle regionali del prossimo 31 maggio. Sette regioni al voto, tre schemi politici diversi in attesa che si chiarisca quale architettura Renzi vorrà dare alla sua esperienza di governo. Così Area Popolare, nata dalla fusione dei gruppi parlamentari di Ncd e Udc, si arrangia come può aggiornando ed evolvendo la politica dei due forni di Casini. Basta aggiungere un forno. Nel primo si cuoce la pizza centrista. Così in Veneto e nelle Marche Area Popolare vara candidature autonome rispetto a Pd e l’asse Lega-FI. In Veneto l’accordo con Flavio Tosi contro Alessandra Moretti e Luca Zaia è ormai fatto. Nelle Marche gli alfaniani si sono accarrozzati il governatore uscente del centrosinistra, Gian Mario Spacca, che ufficializza la propria ricandidatura contro il Dem Ceriscioli, candidato sì del Pd, ma senza Sel. C’è poi il forno per la pizza democratica. In Liguria esponenti Ncd hanno partecipato alle primarie Dem vinte da Raffaella Paita, candidata governatrice contro il centrodestra (il leghista Rixi è in campo, a meno che Berlusconi non la spunti sulla candidatura della giornalista Ilaria Cavo) e contro Sel. Stesso schema in Toscana col sostegno al Dem Rossi orfano dei vendoliani. Nel terzo forno si cucina la pizza classica, quella dell’alleanza di centrodestra. In Puglia, ad esempio, Ncd sostiene il candidato di FI Francesco Schittulli. Idem in Umbria. L’impressione è che la strategia di alleanze di Alfano sia dettata da una serie di conventiones ad escludendum : dove c’è la Lega di Salvini non c’è Area Popolare. Nelle regioni in cui Sel non va con il Pd (Liguria e Toscana), Alfano si schiera con Renzi. Nelle altre (Puglia e Umbria) va con FI, purché non ci sia il Carroccio, nel qual caso si varano candidature alternative (Veneto e Marche). Con gli altri partiti dell’area di maggioranza che fanno l’esatto contrario di quanto fa AP.
I TENTENNAMENTI Ad esempio, i Popolari per l’Italia di Mario Mauro vanno col Pd nelle regioni in cui Alfano va con FI, come la Puglia. Potere delle larghe intese, capaci di spaccare ogni equilibrio in un quadro politico in costante evoluzione. Un bel rebus che la Campania rende ancora più complicato. All’ombra del Vesuvio il Pd candida Vincenzo De Luca, che se eletto potrebbe decadere per effetto della legge Severino. L’ala Udc di Area Popolare vorrebbe sostenerlo. Ncd tentenna: una parte è d’accordo con l’idea del centrista Giuseppe De Mita, un’altra corrente guarda al governatre uscente Caldoro, una terza tesi ipotizza una candidatura autonoma anche in Campania. Il punto è che se Renzi dovesse decidere di ritirare De Luca per puntare, ad esempio, sul guardasigilli Andra Orlando, Ncd andrebbe col Pd. Con effetti devastanti: alcuni assessori e consiglieri uscenti potrebbero candidarsi nella civica di Caldoro lasciando Ncd. Anche se qualcuno non esclude che senza l’appoggio di Area Popolare – che in Campania vale circa il 10% – il governatore uscente potrebbe considerare conclusa la propria esperienza. Il caso Campania è sintomatico dei mal di pancia territoriali di un partito la cui quasi totalità della classe dirigente è e resta di centrodestra. Alfano non scioglie le riserve e sulla linea politica di Ncd attacca ancora Salvini e spiega: “Noi vogliamo costruire un nuovo centrodestra, una nuova casa politica, ma ci vorrà tempo e fatica perché abbiamo una brutta destra estrema che non vuole l’euro e l’Europa. Se la tengano loro. Tra Renzi e Salvini, i moderati italiani sono con Renzi. Noi dobbiamo intercettarli per non farli finire tutti al Pd. Se ci spostiamo verso l’estrema destra, regaliamo il centro. A chi ci vuol prendere per le orecchie e portarci nel vecchio centrodestra rispondiamo con chiarezza che noi non ci torneremo. Vogliamo costruirne uno nuovo”. E sul governo chiosa: “Continueremo a starci finché si faranno le cose che diciamo noi”. Quagliariello rincara la dose: “Non usciamo dal governo, anzi vogliamo contare di più”.