Nel 2017 uccise il compagno con un coltello da cucina e ora, dopo due anni, e in attesa di giudizio definitivo della Suprema Corte, torna quasi libera, vincolata a un percorso di lavoro per il reinserimento sociale. Il caso e’ quello di Lara Mazzoni, 47 anni, ex operatrice sociosanitaria, condannata in primo grado a 16 anni ridotti a 12 in appello per l’omicidio del compagno, Mirko Barioni, avvenuto il 4 giugno 2017 ad Ambrogio, nel Ferrarese. Fino a pochi giorni fa era ai domiciliari, in attesa del pronunciamento della Cassazione, e dal 23 ottobre e’ tornata invece a essere una donna quasi libera. Quasi perche’, seppur caduti i domiciliari, la donna ha l’obbligo di dimora a Copparo e il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 6 del mattino.
A stabilirlo e’ stata la Corte d’assise d’appello di Bologna accogliendo la richiesta dei difensori Fabio Anselmo e Rita Gavioli, grazie a un’offerta di impiego per la donna in una struttura per anziani del Ferrarese. I giudici l’hanno valutata idonea al percorso di reinserimento e hanno dato alla donna il permesso di uscire dai ‘confini’ copparesi solo ed esclusivamente per prestare servizio nella struttura che ha dato la disponibilita’ a impiegarla. Un centro, quest’ultimo, che ha un programma aziendale di recupero di persone con precedenti. L’omicidio si consumo’ il 4 giugno 2017, dopo una giornata passata al mare: Mirko e Lara iniziarono a litigare davanti alle figlie. Una volta a casa Barioni fu colpito tre volte con il coltello preso dalla cucina, aggredito alle spalle, e non riusci’ a reagire e difendersi perche’ alterato dall’alcol.
La difesa ha sempre sostenuto che non vi fosse l’intenzione di uccidere e che l’uomo mori’ per le ferite letali di un solo fendente. Il procedimento penale a carico di Lara Mazzoni non e’ concluso. In questi giorni i suoi difensori hanno depositato in Cassazione il ricorso contro la sentenza d’Appello che ha condannato la donna a 12 anni per omicidio volontario, riconoscendo le attenuanti generiche e il dolo eventuale. Ovvero, secondo i giudici, avrebbe preso l’arma senza intenzione di uccidere pur nella consapevolezza del rischio che stava correndo. Sul percorso di recupero della donna pende dunque la sentenza definitiva.