E’ successo “qualcosa di enorme” nella notte in Siria: cosi’ il presidente americano, Donald Trump, ha annunciato il suo discorso – previsto alle 14 (ora italiana) – in cui probabilmente dichiarera’ in diretta tv l’uccisione dell’ex califfo del sedicente Stato islamico, Abu Bakr Al Baghdadi. Intanto e’ la Fox, tv tradizionalmente vicina al presidente, a confermare la morte di Baghdadi, accertata con le analisi biometriche per il riconoscimento facciale. Un’operazione storica “dopo un lavoro di intelligence di 5 mesi”, l’ha definita il comandante curdo Mazloum Abdi, compiuta dopo mezzanotte nel villaggio di Barisha, nella provincia di Idlib, nel Nord-Ovest della Siria, a pochi chilometri dal confine turco. Luogo in cui si sono concentrate tutte le milizie jihadiste rimaste in attivita’ nella regione, Isis e gruppi legati ad Al Qaeda. Intanto i canali Isis collegati tra loro sui social network dicono che anche se la notizia e’ vera, la jihad continuera’. All’operazione sembrano aver collaborato sia i curdi, sul campo, che i turchi con la loro intelligence. Ankara rivendica un coordinamento dell’operazione con gli Usa.
Secondo i media americani, che hanno diffuso la notizia (Newsweek per primo), il raid e’ stato compiuto con elicotteri e ha costretto Al Baghdadi a farsi saltare in aria con un giubbotto esplosivo, uccidendo anche due delle sue mogli. Un ribelle siriano ha testimoniato che dal luogo sono stati portati via i corpi. Oltre a quello di al Baghdadi, anche di altri tre uomini e due donne (sono stati uccisi anche il capo della sicurezza personale e uno dei suoi piu’ stretti collaboratori). Sono in corso – scrive la Cnn – le analisi del Dna per avere la conferma assoluta dell’identita’. Secondo fonti turche, citate da Sky News Arab, il fondatore dell’Isis aveva raggiunto il luogo in cui e’ stato ucciso solo 48 ore prima. “Dopo mezzanotte abbiamo sentito diversi elicotteri e aerei da guerra volare nel cielo”, ha raccontato un testimone locale alla Cnn. “Ho visto quattro elicotteri ma ce n’erano altri, era molto buio e non saprei dire esattamente quanti fossero. Ho sentito gli spari di mitragliatrici pesanti molto lontane, le esplosioni sono durate per circa un’ora e da casa mia non riuscivo a capire se ci fosse o meno un raid”, ha aggiunto il testimone che vive a Sarmada, nel Nord della provincia di Idlib, a circa 5 chilometri da Barisha.
Gli attivisti siriano hanno pubblicato alcuni video che mostrerebbero le operazioni. In attesa del discorso dalla Casa Bianca, la notizia dell’uccisione di quello che era in testa alla lista dei ricercati per gli Stati Uniti e’ stata confermata da diversi fonti di Siria, Iraq e Iran e anche dai gruppi jihadisti in siria vicini ad Al Qaeda. Dunque, l’uomo più ricercato del mondo, il terrorista più pericoloso del pianeta, il “Califfo” dello Stato islamico (Isis) Abu Bakr al Baghdadi sarebbe stato ucciso dalle forze speciali americane in un raid in Siria nordoccidentale. Sono in corso verifiche, secondo i media Usa, ma gli ufficiali di Washington – tra i quali apparentemente anche il presidente Donald Trump – sono convinti, questa volta, di aver centrato l’obiettivo. Certo, quando si tratta di al Baghdadi il condizionale è d’obbligo: non è infatti la prima volta che l’emiro viene dato per morto. Ma, in questo momento, la sua scomparsa assumerebbe i caratteri dell’opportunità. Infatti, le ultime vicende della guerra siriana – con l’intervento turco e il parziale ritiro Usa – fanno temere un risorgere dalle sue ceneri della fenice Isis.
CHI E’ IL CALIFFO
Al Baghdadi è nato a Samarra il 28 luglio 1971, col nome di Ibrahim Awad Ibrahim. Abu Bakr al Baghdadi è, di fatto, un nome di battaglia. Avrebbe studiato l’Islam presso l’Università di al Azimiya, a Baghdad e, durante la guerra irachena del 2003, sarebbe diventato imam, aderendo ad al Qaida e diventando seguace del leader jihadista Abu Musab al Zarqawi. Nel confuso e violentissimo dopoguerra iracheno, al Baghdadi diventa l’emiro di Rawa, una carica informale nell’ambito dei jihadisti, che gli consente di far uccidere molti sostenitori delle forze della coalizione e del governo legittimo iracheno. Nel 2004, però, viene arrestato a Falluja dalle forze irahcene e mandato dalle forze Usa presso il famigerato centro di detenzione di Camp Bucca, e poi a Camp Adder. Ma le autorità americane lo rilasciano presto, non ritenendolo un pesce grosso e aprendo così la strada a sospetti e illazioni. Il suo formale riconoscimento come numero uno dello Stato islamico dell’Iraq è del maggio 2010, quando Abu Bakr al Baghdadi viene nominato al posto di Abu Omar al Baghdadi, che nel frattempo era stato ucciso.
Quattro anni dopo, a giugno 2014, al Baghdadi viene proclamato “califfo” dello Stato islamico e un mese dopo svolge un discorso presso la grande moschea al Nuri a Mosul. Si tratta di una carica non riconosciuta, come non verrà mai riconosciuto lo Stato islamico stesso ovviamente dalle entità statuali, ma neanche dalle autorità giuridiche islamiche riconosciute dalla comunità dei fedeli. Il suo “regno” è stato caratterizzato da violeza: attacchi trerroristici contro gli sciiti, contro i cristiani, nei paesi occidentali. E, nelle aree dell’Iraq e della Siria controllate dall’Isis, violenze inenarrabili. A questo punto, al Baghdadi diventa l’uomo più ricercato del mondo, superando anche il leader di al Qaida, Ayman al Zawahiri. E comincia la grande caccia, nella quale viene dato più volte per morto o catturato. Come a novembre 2014, quando le forze irachene lo davano per ferito. O nel 2015, quando fonti ufficiali irachene avrebbero dato ancora una volta al Baghdadi come gravemente ferito, prima, poi ucciso a Ninive. Nel 2017, poi, furono i russi a sostenere di averlo ammazzato.