Dopo “un anno di dolore, tristezza, fede e unità”, Volodymyr Zelensky prevede “che questo sarà l’anno della nostra vittoria”. Forte della capacità di reazione e resilienza mostrata dai suoi connazionali, incoraggiato dal compatto sostegno occidentale e dagli aiuti militari andati oltre le aspettative dei più, il presidente ucraino ha vinto la sfida lanciata esattamente un anno fa, quando i carri armati russi entravano nel suo Paese e gli americani gli offrivano l’espatrio per motivi di sicurezza. “Non mi serve un taxi, mi servono armi”, rispondeva allora Zelensky, che oggi può dire: “Il 24 febbraio, milioni di noi hanno fatto una scelta: non una bandiera bianca, ma una bandiera blu e gialla. Non fuggire, ma affrontare. Affrontare il nemico. Resistenza e lotta. È stato un anno di dolore, tristezza, fede e unità. E’ un anno della nostra invincibilità”.
Il primo anniversario dell’invasione russa spinge il leader ucraino a esortare a credere nella vittoria, mentre sul terreno la situazione minaccia una guerra di logoramento dai tempi lunghi. E’ il giorno dell’emozione, dei ricordi, delle speranze. Ma anche giorno di passi tanto simbolici quanto concreti. Esattamente a un anno dall’inizio della guerra, infatti, a Kiev è in visita Mateusz Morawiecki, premier polacco, in prima linea nel sostegno alle autorità ucraine e alla linea più dura nei confronti della Russia, che a Varsavia auspicano di vedere sconfitta una volta per tutte. Il capo del governo polacco ha ufficializzato la consegna di due carri armati Leopard, “il primo lotto”. Zelensky lo ha ringraziato per “la difesa disinteressata dell’Ucraina”, indiretta replica alle tesi insinuate da Mosca, secondo cui la Polonia ha mire territoriali sulla parte occidentale dell’Ucraina.
In quella orientale, dove un anno dopo la Russia occupa il 18% del territorio ucraino e cerca di avanzare dopo una serie di incredibili rovesci militari, i combattimenti più duri sono sempre attorno a Bakhmut. Non c’è stata in questi giorni la grande offensiva russa annunciata e temuta da parte occidentale. I russi, anzi, temono la controffensiva ucraina, che potrebbe prendere forma in primavera, forse all’inizio dell’estate. Potrebbe essere questo l’orizzonte temporale per verificare se una parte o l’altra è in grado di rompere la situazione di stallo. Oggi Evgenij Prigozhin, il regista della Wagner, la compagnia di mercenari russi in prima fila al fronte, ha annunciato di avere preso il villaggio di Berkhovka, 6,5 km a nord-ovest di Bakhmut. Niente di grandioso, come avrebbe voluto il Cremlino per rimarcare l’anniversario.
Lo stesso Prigozhin ha ammesso che attorno a Bakhmut i combattimenti sono feroci, sanguinosi e con ampie perdite da parte russa. Zelensky ha lasciato intendere nei giorni scorsi che gli ucraini potrebbero anche ritirarsi se la caduta di Bakhmut diventasse inevitabile. Non è questo che deciderà l’esito della guerra, ha lasciato intendere. La visita di Joe Biden, lunedì scorso, è stata il vero regalo dopo un anno di bombardamenti russi. La presenza del presidente statunitense ha rincuorato gli ucraini e alzato il morale delle truppe che comincia a vacillare, riferiscono anche gli inviati dal fronte. Vedere il capo della Casa Bianca nel centro di Kiev ha fugato anche le indiscrezioni di stampa americane, secondo cui l’Amministrazione ha avvertito le autorità ucraine che l’invio di armi e tecnologia militare non può essere infinito e che i prossimi mesi saranno decisivi, in un modo o nell’altro.
Oggi affiorano invece i retroscena su possibili aiuti militari dalla Cina alla Russia: li rilancia Der Spiegel scrivendo che Mosca sarebbe in trattative con la società cinese Xian Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di droni kamikaze destinati al suo esercito. Secondo la rivista tedesca il produttore cinese ha affermato di essere pronto a realizzare 100 prototipi del suo drone ZT-180, che secondo la rivista potrebbe trasportare una testata da 35-50 kg. Pechino ha respinto finora, irritata, le accuse di un suo asse militare in formazione con l’alleato russo. Stamattina il ministero degli Esteri cinese ha pubblicato un ‘position paper’ in 12 punti per la soluzione politica della crisi ucraina che fa insospettire gli Stati Uniti e trova scettici gli europei.
Il documento cinese sancisce il necessario rispetto del diritto e della sovranità territoriale, ma afferma anche che “la sicurezza di un paese non deve essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non deve essere ottenuta rafforzando o espandendo blocchi militari”, concetti molto graditi al Cremlino, dove oggi il presidente Putin non si è affrettato a commentare. Un anno dopo l’avvio della Operazione militare speciale il leader russo sembra aver scelto un profilo basso, e le ore di silenzio moscovita contrastano con i proclami da Kiev. Nei giorni scorsi d’altronde Putin ha alzato l’asticella dello scontro annunciando la sospensione del trattato New Start per la limitazione delle testate nucleari.
Sull’iniziativa cinese, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che “il position paper” sulla guerra in Ucraina è viziato dalla posizione assunta da Pechino riguardo all’invasione russa del paese: “Esamineremo i principi, ovviamente, ma li esamineremo tenendo conto del fatto che la Cina si è schierata” ha spiegato, sottolineando che “non è un piano di pace”. Comunque sia, la discesa in campo cinese promette sviluppi.