Le sanzioni contro gli oligarchi russi sono state adottate non per indurli a ribellarsi a Putin ma perché gli oligarchi, rappresentanti della cleptocrazia uscita dal dissolvimento dell’Urss, sono consustanziali allo stesso potere putiniano, custodi di enormi ricchezze sempre a disposizione del Cremlino e spesso direttamente impiegate nelle aggressioni militari russe, come quella che avvenne in Crimea nel 2014 e quella che sta avvenendo in questi giorni a danno dell’Ucraina. E’ quanto emerso nel corso della conferenza stampa in Senato dal titolo “L’invasione della Russia in Ucraina: sanzionare gli oligarchi per contrastare l’impunità. A che punto siamo in Italia?”, con la quale la Onlus Fidu ha cercato di dissipare alcuni dubbi sulla ratio e sull’efficacia delle sanzioni agli oligarchi. In sostanza le sanzioni agli oligarchi “non servono solo a togliere le leve finanziarie in mano a Putin” ma anche “a punire coloro che hanno responsabilità individuali” nella condotta del regime, ha sintetizzato Jacopo Iacoboni, giornalista della Stampa e coautore di “Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia”.
Iacoboni ha ricordato come il Regno Unito abbia scritto che Evraz, primo produttore russo di acciaio, di cui Roman Abramnovich è principale azionista, “ha con tutta probabilità costruito i carri armati per l’invasione della Crimea”. La stessa Ue ha messo nero su bianco che la Rosneft di Igor Sechin, oligarca particolarmente colpito dai sequestri dei beni in Italia, ha fornito il carburante ai mezzi utilizzati in Crimea nel 2014. Dal canto suo il senatore del Pd Roberto Rampi, componente della delegazione italiana all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, ha ricordato che in tempi non sospetti, “ormai tre anni fa”, aveva depositato “una proposta di legge che riprendeva e traduceva nel modello giuridico italiano la questione delle sanzioni internazionali individuali”, una sorta di cornice di garanzia che fornisse a chi fosse colpito dalle sanzioni, ritenendolo ingiustamente, la possibilità di fare appello contro le stesse. Oggi una cornice giuridica sulle sanzioni servirebbe anche “perché – ha spiegato – è tutt’altro che semplice andare a colpire i patrimoni, anche individuali, e individuare quelli appartenenti a dei prestanome. E tuttavia – ha sottolineato Rampi – è particolarmente efficace impedire la mobilità fisica e la mobilità economica di chi di fatto condiziona” le scelte del proprio paese “e supporta certe scelte dei dittatori”. Vista la situazione attuale, ha concluso il senatore Pd, “oggi dovremmo strutturare questi strumenti legislativi”.
Particolarmente toccanti le testimonianze della giornalista ucraina e non-resident fellow presso Center for European Policy Analysis Olga Tokariuk (in collegamento) e del presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia Oles Horodetskyy, i quali hanno smascherato la narrazione putiniana che dipingeva gli ucraini come “fratelli minori” dei russi che avrebbero accettato di buon grado di tornare nell’orbita di Mosca. Il tema della propaganda russa, o meglio della “disinformazia”, è stato quindi affrontato dal presidente della Federazione Italiana Diritti Umani, Antonio Stango. Quello putiniano, ha detto Stango, è un “totalitarismo molto più spudorato di quello sovietico”, perché “non si basa su un’ideologia chiara e riconoscibile, ma su una pura e semplice falsificazione della realtà, menzogne spudorate come quelle sulla de-nazificazione dell’Ucraina, sul ‘colpo di Stato’ a Kiev nel 2014, sul battaglione Azov, sull’odio degli occidentali per la Russia”. Per questo “a mio parere – ha sottolineato Stango – le sanzioni dovrebbero colpire anche coloro che hanno interessi diretti, partecipazioni azionarie, proprietà, infiltrazioni nel settore della informazione e della comunicazione, sia media tradizionali sia nei social media. Ci sono centinaia di cosiddetti trolls in Russia che diffondono in continuazione e amplificano continuamente i trend della disinformazione. Tutta la serie di pseudo motivazioni con cui il regime di Putin cerca di giustificare l’aggressione contro l’Ucraina andrebbero smantellate e soprattutto bisognerebbe cercare di fare in modo che non vengano diffuse in modo ‘goebbelsiano’ a livello planetario”.
Sull’analisi di questo pericolo il senatore Rampi si è detto sostanzialmente d’accordo: “Noi – ricorda – avevamo già depositato una proposta di commissione d’inchiesta e siamo riusciti a far approvare l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa un testo sul diritto alla conoscenza. Oggi le democrazie sono permeabili, sono particolarmente permeabili da questa forma nuova, che non è solo di informazione ma è anche di socialità, che avviene nella rete. Con grandi capitali che vengono investiti si riesce in alcuni casi a condizionare l’opinione pubblica, a far diventare alcuni temi emergenti, anche se non esistono” nell’opinione pubblica, “a farne scomparire degli altri, e quindi a condizionare anche il voto referendario” per la Brexit, “il voto per le elezioni” americane e francesi. “Contro tutto questo – ha concluso Rampi – noi ci dobbiamo attrezzare”.