Agli occhi dell’India “non e’ mai esistita la presunzione d’innocenza per i due maro’ italiani”, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati di aver ucciso nel 15 febbraio 2012 due pescatori indiani del Kerala durante un incidente in mare. “Sono stati ritenuti colpevoli di omicidio ancora prima della formulazione delle accuse” e “per otto anni hanno subito gravi restrizioni della liberta’ senza accuse legali”, ha dichiarato l’ambasciatore italiano, Francesco Azzarello, nel suo discorso di apertura all’udienza al Tribunale internazionale di arbitrato dell’Aja che entro il 20 luglio decidera’ sulla giurisdizione per il processo dei due fucilieri italiani per la morte di Ajeesh Pink e Valentine Jelastine. Da parte sua, il rappresentante dell’India, il sottosegretario agli Esteri G. Balasubramanian, ha insistito che “la giurisdizione e’ chiaramente indiana perche’ l’India e i due pescatori sono le uniche vittime della vicenda”.
La tesi avanza da New Delhi e’ che, essendo il fatto avvenuto al largo delle coste del Kerala, la sentenza deve essere pronunciata dai giudici indiani. La tesi e’ stata confutata da Azzarello: “La verita’ il centro dei fatti e’ l’Italia. Enrica Lexie era una nave battente bandiera italiana, era in acque internazionali e le azioni di cui i maro’ vengono accusati sono state commesse a bordo della Enrica Lexie. I maro’ sono ufficiali della Stato italiano”, ha spiegato. L’ambasciatore italiano – in aula con il team legale guidato dall’avvocato Daniel Bethlehem – ha precisato inoltre che “l’Italia non ha mai voluto evitare un’indagine, anzi si e’ impegnata fin dal principio per investigare pienamente l’accaduto”. Ora cio’ che va deciso “e’ la giurisdizione, tra Italia e India”. Le udienze sono in calendario fino al 20 luglio, l’agenda e’ cambiata con il rinvio di quella del 22 ottobre 2018 per la morte di un giudice indiano, sostituito a novembre.
Una battaglia lunga 7 anni
E’ il 15 febbraio 2012 quando due pescatori indiani vengono uccisi, centrati da colpi d’arma da fuoco mentre si trovano a bordo di un’imbarcazione al largo delle coste del Kerala. Della loro morte vengono accusati i due maro’ in servizio anti-pirateria sulla petroliera Enrica Lexie, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, fermati il 19. Ne nasce uno scontro con l’Italia sulla giurisdizione del caso. Nel gennaio dell’anno successivo, la Corte Suprema indiana stabilisce che il governo del Kerala non ha competenze sulla questione e affida il caso a un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Nel frattempo, il 21 marzo 2013, il governo italiano annuncia che i due maro’ rientreranno in India al termine di una licenza in Italia concessa per permettere loro di votare.
Dieci giorni prima l’allora ministro degli Esteri, Giulio Terzi, aveva affermato che non sarebbero tornati, ma dopo le fortissime pressioni di New Delhi arriva il dietrofront. In cambio, l’Italia ottiene la garanzia da New Delhi che e’ esclusa la pena di morte. Il mutamento di strategia pero’ porta alle dimissioni per protesta del capo della diplomazia, annunciate il 26 marzo alla Camera, in diretta televisiva, “a salvaguardia della onorabilita’ del nostro Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana”. Che la Farnesina “abbia agito per fatti suoi e’ risibile e strumentale”, spiega in quell’occasione Terzi, sottolineando che sulla decisione di non rimandare i fucilieri in India al termine della licenza elettorale aveva avuto “l’assenso di tutti”.
Intanto, in India, dopo la costituzione a New Delhi di un tribunale ‘ad hoc’, nel marzo 2014 la Corte suprema accoglie il ricorso presentato dai due fucilieri contro il coinvolgimento nel caso della Nia, la polizia antiterrorismo, dopo l’esclusione del ricorso alla legge antipirateria. I giudici indiani sospendono il processo a carico dei maro’ presso il tribunale speciale, mentre l’Italia punta a internazionalizzare il caso e sollecita un arbitrato sulla giurisdizione, invocando anche l’immunita’ funzionale di cui godevano i due militari. Ad agosto dello stesso anno Massimiliano Latorre viene ricoverato in un ospedale di New Delhi a causa di una leggera ischemia cerebrale. A meta’ settembre gli viene concesso un permesso di 4 mesi per curarsi in Italia. Da allora, la Corte Suprema gli concedera’ diverse proroghe, estendendo la sua convalescenza in patria, e non fara’ piu’ rientro in India. Nel giugno 2015, l’Italia attiva l’arbitrato internazionale di fronte all’impossibilita’ di arrivare a una soluzione per via negoziale diretta con l’India.
Roma chiede misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in patria di Girone durante l’iter della procedura arbitrale. Il 24 agosto 2015, il Tribunale internazionale del Mare ordina a Italia e India di sospendere qualsiasi procedura e astenersi dall’avviarne altre, respingendo la richiesta di Roma di misure temporanee. Quasi un anno dopo, il 2 maggio 2016, il Tribunale arbitrale dell’Aja dispone che il sergente Girone faccia rientro in Italia fino alla conclusione del procedimento arbitrale, e cosi’ avviene il 28 maggio, alla presenza dell’allora ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e di quello della Difesa, Roberta Pinotti. I rapporti bilaterali con l’India si sono riaperti ufficialmente nell’ottobre 2017 con la visita a New Delhi di Gentiloni, divenuto nel frattempo presidente del Consiglio. La sentenza del tribunale arbitrale era prevista entro ottobre 2018 ma e’ slittata per la morte di un giudice indiano, sostituito a novembre. Il verdetto potrebbe arrivare il 20 luglio.