La Commissione europea ha presentato un controverso piano di riforme per la fiscalità delle imprese nel mercato unico, che prevede fra l’altro il ritiro dell’attuale proposta, bloccata da anni in Consiglio Ue, per una base imponibile comune consolidata per l’imposta sulle società negli Stati membri (Cccctb), e il suo rilancio all’inizio del 2016, con un nuovo testo che parta con un sostegno maggiore da parte degli Stati membri. La nuova proposta, ha annunciato il commissario Ue agli Affari economici e fiscali, Pierre Moscovici, sarà più ambiziosa di quella attuale perché imporrà una base imponibile comune “obbligatoria almeno per le multinazionali”; non si spingerà, comunque, fino a prevedere un’armonizzazione né un’aliquota minima per tutto il mercato unico. E procederà in due tappe: innanzitutto, si concentrerà sulla creazione della base imponibile comune, e solo in un secondo momento passerà al suo consolidamento. Obiettivo della Commissione è anche quello di “rafforzare il legame fra imposizione e attività economica, azssicurando una tassazione efficacemente dei gruppi multuinazionali nei paesi sono generati gli utili, e non dove sono presenti solo con una “buca delle lettere”.
Nel frattempo, la Commissione ha deciso anche di lanciare una consultazione pubblica sulle nuove misure per la trasparenza delle imposte societarie che potrebbero essere proposte, in particolare per quanto riguarda la pubblicazione di certe informazioni fiscali delle imprese, a cui farà seguito uno “studio d’impatto”, prima che sia varata la nuova normativa. Si tratta, in realtà, di una brusca frenata rispetto alle solenni promesse e gli impegni che la Commissione aveva preso subito dopo lo scandalo “Luxleaks” in Lussemburgo, che aveva fatto tremare la sedia del presidente Jean-Claude Juncker a pochi giorni dal suo insediamento. E’ chiaro che l’Esecutivo comunitario ha voluto innanzitutto tranqullizzare le grandi imprese, che utilizzano ampiamente le armi dell'”ottimizzazione fiscale” per eludere le imposte.
Moscovici si è detto “personalmente favorevole ad andare fin dove è possibile nel rendere pubblici i ‘tax ruling’ (gli accordi fiscali anticipati fra le multinazionali e le amministrazioni fiscali delgi Stati, al centro dello scandalo ‘Luxleaks’, ndr) e nel ‘country by country reporting'”. Ma ha giustificato questo ritardo nel varo di una normativa che, tra l’altro, può essere approvata a maggioranza qualificata in Consiglio Ue (invece che sottoposta alla paralizzante unanimità come per le tutte le misure strettamente fiscali) affermando che “si tratta di una materia complessa, e le decisioni che prendiamo devono essere ben fondate, perché la Commissione – ha sottolineato – sostiene il business, gli investilmenti e la creazione di posti di lavoro”.