All’età di 58 anni è morto Gianluca Vialli. L’ex calciatore e tecnico si è spento a Londra, città in cui era ricoverato, a causa del tumore al pancreas che lo aveva colpito nel 2017. E così nemmeno un mese dopo la morte di Sinisa Mihajlovic, e del grande Pelè, il calcio piange la scomparsa prematura di un altro suo grande campione. Vialli è morto in una clinica di Londra, colpito da un grave peggioramento delle condizioni di salute. Lascia la moglie Cathryne e le figlie Olivia e Sofia. Fino al 14 dicembre scorso è stato capo delegazione della Nazionale: incarico che aveva sospeso proprio per concentrarsi sulle cure contro la malattia. L’ex attaccante era nato a Cremona il 9 luglio del 1964. E’ stato giocatore e poi allenatore, campione d’Italia con la Sampdoria nel 1990/91 e poi nel 1994/95 con la maglia della Juventus con la quale vinse anche la Coppa dei Campioni l’anno successivo. Talento vivido, trascinatore e leader in campo, un senso del gol misto a una tecnica che lo aveva portato a segnare anche gol bellissimi come quello forse più famoso in rovesciata alla “sua” Cremonese nel 1994/95, oltre ad aver avuto l’onore di un soprannome (“Stradivialli”) dal grande Gianni Brera.
Vialli è anche uno dei nove calciatori – unico attaccante – che hanno vinto tutte e tre le principali competizioni Uefa per club. Inoltre, detiene il record assoluto di realizzazioni in una singola edizione della Coppa Italia. Nato a Cremona nel 1964, Vialli ha iniziato la sua carriera nella sua città natale, per passare poi nel 1984 alla Sampdoria, con la quale esordirà in serie A giocando in tutto 8 campionati e conquistando 3 Coppe Italia (1984-85, 1987-88 e 1988-89), 1 Coppa delle Coppe (1989-90) e 1 scudetto (1990-91, anno in cui vinse anche la classifica cannonieri di Serie A con 19 gol). Nella stagione 1992-1993, il trasferimento alla Juventus dove alzerà altri trofei prestigiosi: 1 Coppa UEFA, 1 Supercoppa italiana, un altro scudetto e 1 Champions League, alza al cielo di Roma, indossando la fascia di capitano. A partire dalla stagione sportiva 1996-1997 il suo passaggio al Chelsea dove, nel 1998 dopo le dimissioni di Ruud Gullit, vestira` anche il duplice ruolo di giocatore/allenatore. Con il club inglese Vialli ha raggiunto altri numerosi successi come la Coppa d’Inghilterra, la Coppa delle Coppe, la Coppa di Lega, il Charity Shield (poi denominato Community Shield) e la Supercoppa europea.
Un’esperienza, quella inglese, che poi Vialli trasferirà nel suo libro “The Italian Job” pubblicato nel 2006 con il giornalista Gabriele Marcotti. Londra gli regalò anche l’amore di Cathryn, che nel 2003 Vialli sposerà e con la quale avrà due figlie. Meno fortunata, invece, la sua carriera in nazionale, con la quale Vialli ha collezionato solo 59 presenze senza mai trovare l’acuto, neanche nel mondiale giocato in casa nel 1990 agli ordini del ct Azeglio Vicini. Dal 2004 Vialli ha svolto anche attività nel campo del sociale con la creazione, assieme Massimo Mauro e a Cristina Grande Stevens, la “Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport”, una onlus che ha lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica, il cosiddetto morbo di Lou Gehrig, nonché sul cancro, attraverso la fondazione ARISLA, l’associazione AISLA e la FPRC. Nel 2017, la scoperta di un tumore al pancreas che lo vedrà costretto a ritirarsi dai suoi impegni di commentatore televisivo, una sfida che Vialli prenderà di petto nonostante l’abbia da subito definita “un ospite indesiderato”, “un compagno di viaggio che avrei evitato volentieri”, e che racconterà l’anno seguente nella sua seconda opera cartacea “Goals”.
L’ultima opera del Vialli “scrittore” racconta “La bella stagione”, quella che lo vide assieme all’amico Roberto Mancini lo scudetto blucerchiato. Con l’attuale ct della Nazionale, Vialli ha avuto la gioia anche di vincere l’ultimo Europeo di calcio da capo delegazione azzurra, alzando la coppa in quella Wembley che 30 anni prima gli aveva negato la Coppa dei Campioni in finale contro il Barcellona. In quell’abbraccio con il suo amico Mancini c’erano tutti questi ricordi, oltre alla paura e al timore per le sue condizioni di salute, sempre troppo precarie per poter tornare a sentirsi guarito. Da ultimo, l’incarico da capo delegazione azzurra che si è visto costretto a lasciare per concentrare tutte le sue energie in questa nuova lotta. Si era augurato che la sospensione potesse essere «temporanea», in modo da poter tornare a vivere «nuove avventure e condividerle con tutti voi». Del grande Vialli resta il sorriso, lo humor e l’eleganza che lo hanno sempre reso unico.