di Cristina Giuliano
È a questo punto che il ruolo di Putin è cambiato, o comunque ha avuto una sua evoluzione, nascosta all’esterno dagli eventi di politica estera e dal suo stesso decisionismo nel conflitto siriano. Putin è diventato – o forse già con l’uccisione di Boris Nemtsov a febbraio 2015 si è trovato catapultato nel ruolo di – arbitro nel mezzo di clan, persino più rissosi del solito. E sia le nuove nomine, sia i licenziamenti sono parte non di un gioco politico, ma di un ben più complicato calcolo, secondo un galateo di relazioni molto russo, un po’ bizantino e decisamente poco comprensibile agli occhi di un occidentale. Se si trattasse di scacchi sarebbero una torre, un alfiere e la regina ad essere state mangiate in quello che potrebbe apparire una strategia suicida del re. Yakunin, poi l’ex capo delle Dogane russe Andrei Belianinov e questo mese Sergey Ivanov, sino a luglio capo dell’amministrazione presidenziale ed ex collega di Putin nel Kgb. Come ha scritto Rbk, “Ivanov non è nemmeno Yakunin e Belianinov. È il primo cerchio all’interno del cerchio interno. È l’ex candidato possibile al Cremlino”. Ma negli scacchi di Putin, ogni pezzo è sostituibile con altro pezzo. Tanto per dimostrare che, di elemento intoccabile ne esiste solo uno, il re appunto. A scegliere chi sia il re evidentemente non sono i clan, ma il comparto al momento più forte.
All’inizio del nuovo secolo, in Russia, erano i Servizi, impegnati a riportare l’ordine in un Paese devastato dalle lotte tra oligarchi per aggiudicarsi potere e ricchezze. Oggi le lotte interne sembrano invece mettere uno contro l’altro proprio i falchi, o meglio parte di loro, poiché esiste invece un comparto, ossia la Difesa, che è ben distinto e che ha dato lustro in questi anni difficili a Mosca. Dopo una chiassosa e imbarazzante caduta di teste, a partire da quella dell’allora ministro Anatoly Serdjukov, Putin affidò la Difesa a Sergey Shoigu, efficientissimo e fedelissimo, già a capo delle Situazioni d’Emergenza e figura più popolare in Russia (se si escludono le reali percentuali bulgare di Putin). Il ministro ha saputo sgobbare e contemporanemente lavorare di fino, come fece già per l’equivalente russo della Protezione civile. Non solo le operazioni in Siria, che hanno riportato Putin sullo scacchiere internazionale, ma anche una ristrutturazione della Difesa che ha trasformato in una macchina molto efficiente quanto era allo sfascio (e interessava una significativa fetta della popolazione che porta le mostrine). Oggi la nuova sede del Ministero, sulla riva antistante al parco Gorky, appare come l’edificio più imponente e illuminato di Mosca. E di notte sono molte le finestre illuminate, segnale che come ai tempi sovietici significa una sola cosa: è lì che si sta decidendo il domani.