di Carlantonio Solimene
Investimenti, patrimoni immobiliari, fondi che dovrebbero essere destinati alla carità e invece finiscono in titoli di Stato, sprechi e cardinali che vivono nel lusso. C’è tutto questo e molto altro in “Avarizia”, il libro-inchiesta pubblicato da Feltrinelli che il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi ha dedicato agli ultimi scandali finanziari della Santa Sede. L’uscita del volume è stata anticipata dagli arresti eccellenti per la seconda “Vatileaks” e dalle polemiche delle alte gerarchie della Santa Sede che avrebbero voluto evitarne in tutti i modi la diffusione. E, a leggere “Avarizia” fin dalle prime pagine, si comprende il motivo di tanta apprensione. Perché a dispetto della volontà riformatrice di Papa Francesco, il Vaticano non sembra aver abbandonato neanche negli ultimi anni le cattive abitudini delle “gestioni” precedenti. Parte del libro di Fittipaldi si basa sugli inediti estratti delle relazioni interne della Cosea, la dissolta “Commissione referente sull’organizzazione della struttura economica del Vaticano” che il Pontefice argentino ha voluto all’inizio del suo papato per far luce sulla reale entità delle finanze della Santa Sede. E sul loro utilizzo. Sì, perchè come spiega l’autore nel primo capitolo del volume, finora “chi ha provato a calcolare l’intera ricchezza della Chiesa cattolica ha inesorabilmente fallito”. “Gran parte della ricchezza posseduta dai vari enti – si legge più avanti – è segreta e riservata: in molti paesi, associazioni e congregazioni non hanno l’obbligo di pubblicare report annuali, mentre le leggi vigenti sulle fondazioni, negli Stati Uniti e in Europa, permettono la privacy più assoluta nascondendo al pubblico parte importante delle proprietà ecclesiastiche”.
Ora, però, su questo enorme ginepraio di ricchezze si può cominciare a fare luce. E i numeri che Fittipaldi elenca sono impressionanti. Secondo la Cosea, infatti, “le varie istituzioni vaticane gestiscono i propri asset e quelli di terzi a un valore dichiarato di 9-10 miliardi di euro, di cui 8-9 miliardi in titoli, e uno di immobiliare”. E se il patrimonio “finanziario” è censito in maniera sostanzialmente precisa, quello immobiliare è abbondantemente sottostimato. Il valore contabile, al 31 dicembre 2012, se aggiornato con una “valutazione di mercato”, va considerato almeno di quattro volte maggiore. “Quattro miliardi tondi tondi” scrive Fittipaldi rifacendosi ancora a documenti segreti del Vaticano. Gran parte di questa ricchezza è ovviamente situata a Roma, ma attraverso istituzioni papali come l’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) o congregazioni come Propaganda Fide la Santa Sede può vantare un vero e proprio tesoro sparso in tutto il mondo. Il giornalista dell’Espresso qui si basa sul bilancio dell’Apsa e annota: “Le prime indicazioni (…) ci indicano di volare su Parigi, prendere un taxi e farsi portare a rue de Rome, vicino alla centralissima place Vendome. Al civico numero 4 una società francese controllata dall’Apsa possiede infatti alcuni tra i più prestigiosi immobili della città. Si chiama Sopridex Sa, ha avuto inquilini famosi (come l’ex presidente Francois Mitterand) e oggi ha attività iscritte a bilancio che arrivano a 46,8 milioni di euro”. Si parla, svela il libro, di “centinaia di unità immobiliari tra negozi e appartamenti, lungo gli Champs-Elysées, nel centro storico e nel quartiere di Montparnasse”. Ma non finisce qui, perché simili possedimenti, attraverso una decina di società svizzere, sono gestiti praticamente in mezza Europa, da Ginevra a Londra, compresi negozi di lusso in New Bond Street e i locali della gioielleria Bulgari.
“L’altro grande proprietario vaticano – continua Fittipaldi – è Propaganda Fide, la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli guidata dal cardinale Ferdinando Filoni. Un colosso finanziario che al 2012 possedeva titoli e conti bancari per circa 170 milioni di euro e appartamenti nella Capitale iscritti a bilancio per una novantina di milioni di euro”. In realtà, secondo la Cosea il valore dei vari immobili tra piazza di Spagna, via Sistina e altre strade prestigiose sarebbe almeno cinque volte tanto. E per metterlo a reddito la congregazione ne ha affittato gran parte. “Non ai comuni mortali – spiega l’autore – ma a chi se lo può permettere, meglio se vip o politici”. E, talvolta, a prezzi non congrui: si è parlato già in passato dei diecimila euro al mese pagati da Vespa per duecento metri quadri a piazza di Spagna, ma indirettamente inquilini del Vaticano sono stati anche altri giornalisti come Cesara Buonamici o Augusto Minzolini o l’attuale sindaco di Fiumicino Esterino Montino che per dodici anni ha pagato 360 euro al mese per centodieci metri quadrati in via dell’Orso salvo vedersi “aggiornare” il canone a 3mila euro nel 2010. A fare affari con Propaganda Fide, svela “Avarizia” è anche l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Consentino, arrestato per presunti rapporti con il clan dei Casalesi. “Faceva buoni affari con Propaganda – scrive Fittipaldi – acquistando una casa di centocinquanta metri quadri a 630mila euro: non male, per un appartamento al terzo piano di una via elegante del quartiere Prati dove i prezzi rischiano di essere quasi doppi rispetto a quelli pagati dal politico”. C’è spazio anche per la replica di Cosentino: “Non è vero che quella casa mi è stata venduta a prezzo di favore, a metà del valore. Me la segnalò un conoscente di Caserta”. In quanto agli affitti “regalati”, è la stessa Cosea a mettere nero su bianco una critica durissima alla gestione del patrimonio quando parla, tra le altre cose, di “canoni di locazione molto bassi” e di “nessuna trasparenza sul valore di mercato dei beni”.
Capitolo a parte merita il patrimonio liquido. A partire dal cosiddetto “Obolo di San Pietro”, gli aiuti economici che i fedeli offrono al Pontefice. Nel 2013, ad esempio, in questo modo sono stati raccolti 73 milioni di euro – l’anno precedente erano stati 66 – che dovrebbero essere destinati sostanzialmente ad opere di carità. Ma che in realtà, svela Fittipaldi compulsando documenti di revisione segreti, “quando non sono conservati sotto il materasso o investiti sui mercati finanziari, vengono usati per le necessità economiche dei dicasteri e dei cardinali romani”. In “Avarizia”, come detto, c’è molto altro, a partire da un lungo excursus sui lussi degli altri prelati per passare alla “verità” sull’ormai famigerato attico del cardinal Tarcisio Bertone, senza contare tanti scandali che hanno fatto scattare le manette ai polsi dei più insospettabili. Tra i vari capitoli, un’ultima chicca: i negozi che all’interno delle mura Vaticane fatturano cifre a sei zero. Non solo la farmacia, aperta a tutti, ma anche il market “tax free” che dovrebbe essere a disposizione solo di quattromila fortunati tra residenti e dipendenti. Eppure, scrive Fittipaldi, “il tabaccaio guadagna infatti 10 milioni l’anno; significa che i tremilaseicento aventi diritto fumerebbero tutti come turchi. In media due-tre pacchetti al giorno, 365 giorni l’anno”. La verità? Semplice: secondo una revisione affidata all’americana Ernst&Young i possessori della “commercial card” sarebbero 41 mila. “Un numero enorme, pari agli abitanti di una città come Frosinone – conclude l’autore -. Per legge, il permesso viene dato solo ai dipendenti, al personale del corpo diplomatico e alle congregazioni, “ma temiamo siano tanti gli onorevoli e i potenti che approfittano dei negozi senza averne diritto” spiegano dal Vaticano”. E a rimetterci è il fisco italiano.