Cronaca

Prevenzione: Israele avverte l’Iran del raid aereo e attiva canali segreti

Dopo settimane di tensione, Israele ha dato il via a un’operazione militare di notevole portata contro obiettivi strategici in Iran. Il blitz aereo, denominato “Giorni del pentimento”, ha visto il coinvolgimento di oltre cento aerei israeliani, tra cui caccia e droni, che in poche ore hanno attaccato venti siti militari in Iran. Il raid è stato il culmine di un mese di provocazioni e avvertimenti, seguito direttamente dal premier israeliano Benyamin Netanyahu, che ha monitorato l’operazione da un bunker.

Attacco mirato per una risposta contenuta

L’azione israeliana è scattata in risposta al lancio di circa duecento missili balistici da parte del regime iraniano all’inizio di ottobre, un attacco che aveva colpito il territorio israeliano come vendetta per l’uccisione del leader di Hezbollah, Ismail Haniyeh, e di altri esponenti di alto livello delle milizie filo-iraniane. L’operazione si è distinta per la sua preparazione tattica: prima i jet e i droni israeliani hanno distrutto le difese aeree e i radar siriani e iracheni, riducendo il rischio di intervento delle milizie sciite locali. Successivamente è iniziato il raid su obiettivi selezionati in Iran, tra cui basi militari intorno a Teheran e nelle province di Khuzestan e Ilam.

Raid “telefonato” e i canali segreti con l’Iran

Il raid israeliano è stato anticipato agli iraniani attraverso terze parti: Israele ha chiarito quali siti sarebbero stati colpiti e quali esclusi per ridurre il rischio di un conflitto allargato. Secondo fonti dell’IDF (Israeli Defense Forces), l’operazione è stata studiata per colpire obiettivi militari e installazioni strategiche, evitando infrastrutture civili ed energetiche per rispondere agli avvertimenti di Washington, che aveva chiesto di limitare le azioni per evitare un’ulteriore escalation.

L’IDF ha descritto l’operazione come un successo, con il rientro di tutti i velivoli senza perdite. “Ora abbiamo una maggiore manovrabilità aerea sull’Iran”, ha dichiarato il portavoce dell’IDF, Daniel Hagari, indicando che l’attacco, più che infliggere gravi danni, è stato progettato per rafforzare la deterrenza israeliana.

Reazioni iraniane: minimizzare danni, evitare ritorsioni

Il regime iraniano ha adottato una strategia di risposta mista, da una parte rivendicando il “diritto alla difesa” sancito dalla Carta ONU, dall’altra ridimensionando l’entità dell’attacco. Le dichiarazioni ufficiali hanno minimizzato i danni, sostenendo che il raid israeliano ha colpito solo radar e infrastrutture minori, causando la morte di quattro soldati. I Pasdaran (Guardie Rivoluzionarie) hanno imposto un blackout mediatico per mantenere basso il livello di allarme, ordinando ai media di sottolineare l’insuccesso dell’azione israeliana e di scoraggiare i cittadini dal parlare con la stampa straniera. Inoltre, lo spazio aereo iraniano è stato rapidamente riaperto, segnalando l’assenza di una mobilitazione immediata per un’eventuale risposta.

Rischio escalation e pressioni dei falchi iraniani

Sebbene l’Iran abbia scelto di minimizzare l’attacco, la leadership di Teheran si trova a fronteggiare una forte pressione interna. I falchi dell’establishment conservatore, che ritengono necessaria una risposta, stanno incitando il governo a rispondere a Israele con forza, soprattutto considerando l’impegno militare israeliano su più fronti, come Gaza e Libano. Amir-Hossein Sabeti, membro dell’ala più radicale, ha affermato sui social che la sicurezza dell’Iran esige una risposta che sorpassi le attese, definendo il raid israeliano una “montagna che ha partorito un topolino”.

 

 

Nonostante la spinta dei falchi, il governo di Teheran sembra orientato alla prudenza per preservare gli sforzi diplomatici in corso con l’Occidente, evitando di rompere i fragili rapporti che potrebbero portare a futuri negoziati. Questa strategia si allinea con gli auspici di Washington, che continua a lavorare per contenere il conflitto e garantire una tregua nella regione.

Diplomazia internazionale e ruolo di Washington

La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per l’escalation tra Israele e Iran. Gli Stati Uniti, insieme a Russia, Unione Europea e alcuni Paesi arabi, hanno condannato l’attacco israeliano, pur comprendendo la necessità di evitare un conflitto più ampio. L’amministrazione Biden, in particolare, si è impegnata a limitare l’impatto dell’operazione e sta esercitando pressioni su entrambe le parti per favorire la calma.

Il segretario di Stato Antony Blinken ha intensificato i suoi sforzi diplomatici nel Medio Oriente, cercando di facilitare un cessate il fuoco stabile prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre. Questo scenario riflette l’interesse strategico degli Stati Uniti per una stabilizzazione della regione, anche in vista delle sfide interne di Washington.

Hamas, Hezbollah e la guerra per procura

Il conflitto tra Israele e Iran si riflette anche nelle azioni dei gruppi militanti filo-iraniani. Hamas e Hezbollah, sostenuti dall’Iran, hanno subito condannato il raid israeliano, aumentando le loro azioni ostili contro Israele. In particolare, Hezbollah ha intensificato i lanci di razzi dal Libano verso Israele, mantenendo alta la pressione. Nel frattempo, un raid aereo israeliano su un isolato residenziale di Beit Lahiya, nel nord di Gaza, ha provocato almeno 30 vittime civili, tra cui donne e bambini. L’agenzia palestinese Wafa ha descritto l’evento come un “bagno di sangue”, indicando che le tensioni tra Israele e i gruppi palestinesi a Gaza sono destinate a crescere, aumentando i rischi di una catastrofe umanitaria.

Due grandi incognite: pressioni interne su Teheran e l’ombra di Parchin

Due aspetti restano cruciali per il futuro delle relazioni Israele-Iran. Il primo riguarda le pressioni che i falchi iraniani esercitano sul governo per una risposta più forte. La moderazione del governo di Teheran potrebbe venire meno se gli esponenti più radicali riuscissero a ottenere il controllo della strategia, spingendo per una rappresaglia diretta che approfitti del coinvolgimento israeliano in Gaza e Libano.

La seconda incognita è rappresentata dalla base di Parchin, un sito segreto sospettato da Israele di essere coinvolto nella ricerca di tecnologie nucleari. Secondo alcune fonti del New York Times, un drone israeliano potrebbe aver colpito Parchin durante l’operazione “Giorni del pentimento”, segnando un possibile punto di svolta. Se la notizia fosse confermata, potrebbe aumentare la pressione su Teheran, spingendo il regime iraniano a rivedere la sua strategia e considerare azioni più forti per proteggere i suoi interessi.

Fragile equilibrio di deterrenza e diplomazia

L’operazione israeliana “Giorni del pentimento” si presenta come una delle azioni militari più rilevanti tra i due Paesi degli ultimi decenni. Israele ha scelto di adottare una strategia mirata per colpire gli obiettivi senza aggravare la situazione, sperando che l’Iran adotti una posizione moderata. Tuttavia, l’incertezza sul futuro resta alta. La diplomazia internazionale, con gli Stati Uniti in prima linea, continuerà a lavorare per garantire una tregua nella regione, ma la stabilità dipenderà dalla capacità di Teheran di mantenere una linea di moderazione e di resistere alle pressioni interne.

In un contesto già estremamente volatile, l’azione militare israeliana ha dimostrato che l’equilibrio tra deterrenza e diplomazia è sottile e che, a seconda delle prossime mosse di Teheran, il conflitto potrebbe aggravarsi o, se la diplomazia prevarrà, stabilizzarsi almeno temporaneamente.

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