Un’altra mina vagante esplode nel MoVimento Cinquestelle. Altra scheggia contro la già flebile leadership di Giuseppe Conte. Questa volta, a dare fuoco alle polveri pensa il senatore Vito Petrocelli, già bollato come putiniano, nel giorno in cui il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy parla al Parlamento italiano. Non solo il pentastellato Petrocelli diserta la seduta d’Aula, ma incendia il dibattito auspicando l’uscita del M5S da un “governo interventista”, che “vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante”. Dichiarazioni che assumono toni ancor più pesanti se si pensa che Petrocelli è il presidente della Commissione Esteri in Senato, ruolo istituzionale delicato e che non richiede certo sparate di questo tipo. Non a caso diversi partiti della maggioranza (da Italia Viva a Forza Italia, passando per Azione) chiedono le dimissioni del pentastellato dalla guida della III Commissione del Senato. Dal partito di Conte, chiudono la pratica come “una posizione personale”.
Petrocelli, dal canto suo, non solo non ha alcuna intenzione di dimettersi ma rilancia: “Il mio messaggio al Movimento 5 Stelle è chiaro. Ci sono diversi motivi per staccare la spina a questo governo, partecipare in qualche modo a questa terribile guerra è solo l’ultimo e il più grave. Da questo momento io non gli darò più la fiducia”. Il capogruppo pentastellato al Senato, Mariolina Castellone, tenta di gettare acqua sul fuoco ma, allo stesso tempo, appare consapevole della pesantezza delle dichiarazioni del collega di partito. “Si vedrà quando ci sarà il voto (sul decreto Ucraina, che sarà esaminato a breve al Senato, ndr) dice la Castellone -. Lui prenderà le sue decisioni. É chiaro che, se voterà in maniera diversa rispetto al gruppo su una fiducia, è un problema”. E’ solo l’ultimo dei tanti casi di schegge impazzite (politicamente), quello di Petrocelli e che rimarca, qualora ce ne fosse bisogno, l’inesistenza di una linea politica nel M5S e la conseguente assenza di una forte leadership. Al coro dei “ribelli” si aggiunge un altro esponente pentastellato di peso. Parliamo di un altro senatore, Mario Turco, che è anche vicepresidente del MoVimento Cinquestelle.
L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri nel Conte II attacca pure l’esecutivo Draghi, mettendo nel mirino il Dl Energia. “I nuovi provvedimenti varati su ex Ilva destano delusione e preoccupazione, perché le iniziative intraprese mirano esclusivamente all’aumento della capacità produttiva” sbotta il vice di Conte, chiedendo “che il governo introduca la Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario e unitamente alla chiusura delle fonti inquinanti”. Tra vicende giudiziarie, guerre fratricida, e una leadership mai decollata, il MoVimento Cinquestelle continua a navigare in un mare in tempesta ma soprattutto senza una rotta. Pare opportuno ricordare che nei giorni scorsi, anche il fronte No pass ha puntellato la leadership di Conte. La scossa è arrivata da venticinque deputati e tre senatori che attraverso una lettera inviata proprio al presidente “sospeso” del movimento, chiedono l’abolizione del Green pass in concomitanza alla scadenza scadenza dello stato di emergenza coronavirus, prevista il prossimo 31 marzo. E tra i firmatari due pezzi da novanta: Riccardo Fraccaro, già ministro e sottosegretario a Palazzo Chigi nonché un tempo fedelissimo di Conte, e Virginia Raggi, ex sindaca di Roma. Ma la vera sfida delle sfide, rimane quella tra Luigi Di Maio e Conte per il controllo del M5S.