Un papiro del settimo secolo avanti Cristo, che reca la piu’ antica menzione non religiosa di Gerusalemme in ebraico, e’ stato presentato in Israele, nel pieno della polemica sulla risoluzione dell’Unesco per la preservazione della citta’ sacra alle tre fedi monoteiste, in cui e’ negato il legame millenario tra gli ebrei e quei luoghi. “Si tratta per l’archeologia israeliana della prima menzione in ebraico della citta’ di Gerusalemme fuori del Vecchio Testamento” ha detto Amir Ganor, dell’Aia, l’Autorita’ israeliana delle Antichita’. E tutto ciò mentre il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco ha approvato una nuova risoluzione che nega il legame millenario tra gli ebrei e i luoghi sacri di Gerusalemme. La risoluzione si e’ svolta a scrutinio segreto ed e’ passata con 10 voti a favore, 2 contrari e 8 astenuti. Uno dei 21 Stati membri del Comitato era assente. Nella risoluzione si fa riferimento ai luoghi sacri con i soli nomi musulmani, e, come nella precedente, approvata la settimana scorsa, denuncia i “danni materiali” perpetrati da Israele. Dura la reazione su twitter del portavoce del ministero degli Esteri israeliano Emmanual Nahshon: il nuovo voto e’ “spazzatura”, ha scritto. “L’ammbasciatore israeliano nell’organismo ha gettato il testo nel bidone della spazzatura”, ha aggiunto.
Tornando al papiro, la datazione al carbonio a la comparazione con le scritture su vasellame permette di affermare che il reperto, datato circa 700 anni prima di Cristo, e’ piu’ antico dei manoscritti del Mar Morto, che rimontano al secondo secolo avanti Cristo. Il papiro presentato non e’ stato scoperto durante una ricerca archeologica, ma – riferisce l’Aia – mentre stava per essere venduto sul mercato nero internazionale delle antichita’ da trafficanti della regione di Hebron. Era stato ritrovato in una grotta nel deserto della Giudea, nella regione del Mar Morto, e il suo recupero dopo “un’inchiesta lunghissima” ha permesso di sgominare tre reti di trafficanti, ha detto Ganor, che dirige il nucleo di lotta al contrabbando. Il papiro consta di un frammento di una decina di centimetri di lunghezza ed e’ ricoperto da una iscrizione in proto-ebraico ancora ben leggibile. Si tratta di un elenco di spedizioni per alcune giare di vino destinate al re di Gerusalemme, redatto da un funzionario della regione dell’attuale Gerico (in Cisgiordania). “Il suo valore di mercato e’ assai rilevante ma il suo valore archeologico lo e’ ancora di piu’, perche’ e’ la Storia del popolo ebreo, di questo paese, ma soprattutto di Gerusalemme che viene a salutarci con questo papiro” ha detto l’archeologo. Il papiro assume, a questo punto, una valenza politica alla luce della risoluzione dell’Unesco: testimonia infatti che “da 2.700 anni gli ebrei sono in questa citta’”. La improvvisa “apparizione” del manufatto, che le autorita’ israeliane detengono dal 2012, non e’ che “una coincidenza” secondo le autorita’: “Avevamo previsto di annunciare questa scoperta otto mesi fa” ma le indagini si sarebbero dilungate. Il ministro israeliano della Cultura, Miri Regev, una esponente della destra proveniente dalle fila del Likud, il partito del premier Benjamin Netanyahu, ha qualificato il papiro come “prova che Gerusalemme e’ stata e restera’ sempre la capitale eterna del popolo ebreo”. (con fonte Agi)