Ungheria, ora la Costituzione vieta il riconoscimento LGBTQ+ e penalizza chi ha due passaporti

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Parlamento ungherese

Il Parlamento ungherese ha approvato, con 140 voti favorevoli e 21 contrari, una serie di modifiche costituzionali che rappresentano un’ulteriore stretta ai diritti civili nel Paese. Le nuove disposizioni colpiscono in particolare la comunità LGBTQ+ e le persone con doppia o multipla cittadinanza, alimentando il dibattito internazionale sulla deriva “illiberale” del governo guidato dal primo ministro Viktor Orbán.

Le misure adottate

Tra le modifiche costituzionali approvate, spicca il riconoscimento legale di soli due sessi, quello maschile e quello femminile, negando così l’identità delle persone transgender. Questo emendamento si inserisce in un contesto già segnato da limitazioni ai diritti civili, come il divieto di adozione per le coppie dello stesso sesso e la definizione costituzionale di famiglia come unione esclusiva tra un uomo e una donna.

La nuova legge, inoltre, rafforza il divieto del Pride e degli eventi pubblici organizzati dalla comunità LGBTQ+, giustificandolo con la “protezione dei minori”. Questo provvedimento segue la legge approvata nel marzo scorso, che vieta esplicitamente manifestazioni di questo tipo, etichettandole come una presunta minaccia ai valori tradizionali e cristiani.

Secondo gli oppositori, la nuova normativa rappresenta un attacco diretto ai diritti fondamentali della comunità LGBTQ+ e mira a consolidare un clima di discriminazione e repressione nel Paese.

Stretta sui cittadini con doppia cittadinanza

Un altro elemento controverso delle modifiche approvate riguarda le persone con doppia o multipla cittadinanza, identificate come potenziali “traditori della nazione”. In base al nuovo emendamento, il governo potrà revocare la cittadinanza ungherese a queste persone, con la possibilità di espellerle dal Paese. Questa misura potrebbe colpire figure di spicco, tra cui il miliardario ungherese-americano George Soros, spesso bersaglio delle campagne populiste e delle teorie cospirazioniste promosse dal governo Orbán.

Le proteste e il clima politico

La decisione del Parlamento è arrivata in un clima di forte tensione. Nei giorni precedenti al voto, proteste di piazza hanno attraversato il Paese, con manifestanti che hanno temporaneamente bloccato l’ingresso del Parlamento prima di essere sgomberati dalla polizia. All’interno dell’aula, anche il movimento di opposizione Momentum ha espresso il proprio dissenso, denunciando l’autoritarismo crescente del governo.

Viktor Orbán, al potere dal 2010, ha definito il suo modello di governo una “democrazia illiberale”, caratterizzata da un progressivo smantellamento dei diritti civili e delle tutele per le minoranze. Presentandosi come un difensore dei valori cristiani e della famiglia tradizionale, Orbán si oppone fermamente a quella che definisce “ideologia del gender”, un’espressione dispregiativa utilizzata dagli ambienti conservatori per attaccare politiche e studi legati alla comunità LGBTQ+.

Le reazioni

Le modifiche costituzionali hanno suscitato forti critiche sia a livello nazionale che internazionale. Organizzazioni per i diritti umani e attivisti LGBTQ+ hanno denunciato la deriva autoritaria del governo ungherese, sottolineando come queste misure non solo violino i diritti fondamentali, ma alimentino anche un clima di discriminazione e ostilità.

A livello europeo, l’Ungheria di Orbán si trova sempre più isolata per le sue politiche “illiberali”. Tuttavia, Orbán continua a godere del sostegno di alcuni alleati internazionali, tra cui l’ex presidente statunitense Donald Trump, con il quale condivide posizioni conservatrici e nazionaliste.

Le modifiche approvate dal Parlamento ungherese rappresentano un ulteriore passo verso una limitazione dei diritti civili e un rafforzamento del controllo statale sulle minoranze. Con queste misure, il governo Orbán consolida la sua visione di una società fondata su valori cristiani conservatori e su una politica di esclusione delle diversità. Il futuro dei diritti civili in Ungheria appare sempre più incerto, mentre crescono le preoccupazioni per il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani nel Paese.