UniCredit, la cura di Mustier: tagli e aumento monstre. Oltre 14mila esuberi fino al 2019

UniCredit, la cura di Mustier: tagli e aumento monstre. Oltre 14mila esuberi fino al 2019
14 dicembre 2016

Mega aumento di capitale da 13 miliardi di euro (importo record in Italia), ‘de-risking’ di 17,7 miliardi di crediti lordi in sofferenza, taglio pesante dei costi con un’ulteriore mietitura di dipendenti per 6.500 unità nell’intero gruppo, che porta il totale esuberi nel periodo 2015-2019 a oltre 14.000. A Londra, davanti alla comunità finanziaria, l’Ad di UniCredit Jean Pierre Mustier ha alzato il velo sull’atteso piano strategico 2016-2019 e sulle azioni di rafforzamento patrimoniale. Una cura da cavallo quella del manager francese, che si affianca alle operazioni di dismissione di asset già definite nei circa cinque mesi dal suo arrivo alla guida dell’istituto al posto del dimissionato Federico Ghizzoni. Ovvero le operazioni Fineco, Pekao e Pioneer. Il mercato – nonostante l’entità monstre della ricapitalizzazione, che va ad aggiungersi ai 14,5 miliardi di euro già chiesti da UniCredit dal 2008 in avanti – ha premiato il piano con un balzo del titolo del 15,92% a 2,81 euro.

Meno contenti i sindacati, in primis la Fabi. “Ci batteremo affinché gli esuberi dichiarati, la cui congruità è tutta da verificare, siano gestiti solo su base volontaria e attraverso il nostro ammortizzatore sociale di settore, con le massime garanzie per i lavoratori interessati. Qualsiasi tentativo aziendale di rendere le uscite obbligatorie e di far pagare i costi della ristrutturazione ai dipendenti che restano in servizio sarà contrastato duramente”, ha commentato il segretario della Fabi Mauro Morelli. Il maggior sindacato dei bancari, che pure ha plaudito al segnale di buon esempio lanciato dallo stesso Mustier con l’annuncio della volontà di tagliarsi lo stipendio del 40% e di rinunciare a eventuali buonuscite qualora dovesse lasciare il gruppo, non ha nascosto il proprio disappunto nel trovarsi di fronte a un piano di contrazione anziché di rilancio. Nella sola Italia, il piano prevede la chiusura di 883 filiali entro il 2019 e 3.900 esuberi aggiuntivi che si sommano ai 5.600 già pianificati, portando a 9.400 gli esuberi netti previsti nel periodo 2015-2019, pari al 65% del totale deciso per l’intero gruppo nello stesso periodo. Nell’arco del piano, non sono previste ulteriori cessioni di asset – quindi non saranno in vendita né la quota dell’8,6% in Mediobanca, né Bank Austria, né altri pacchetti di Fineco – e non è contemplata alcuna attività di Merger & Acquisition, dato che il piano stesso “e’ basato sulla crescita organica”: sono così escluse le ipotesi circolate di un possibile matrimonio con Societè Generale.

In termini strategici, il piano battezzato “Transform 2019” poggia su rafforzamento e ottimizzazione del capitale, miglioramento della qualità dell’attivo, trasformazione del modello operativo (aumentando il focus sui clienti e snellendo al contempo prodotti e servizi, con un investimento in IT stabilito in 1,6 mld di euro), massimizzazione del valore di banca commerciale, adozione di un corporate center di gruppo snello, ma con forte potere di guida. In virtù di queste azioni, i target finanziari del piano sono stati indicati in un utile netto di 4,7 miliardi di euro e un Rote superiore al 9% nel 2019, con ricavi in crescita media annua dello 0,6% nell’arco di piano e una base costi ridotta a 10,6 miliardi di euro a fine piano, con un rapporto costi-ricavi inferiore al 52%. Il Cet 1 ratio fully loaded è atteso salire a oltre il 12,5% a fine 2019 rispetto al 10,8% di fine settembre 2016. Per l’esercizio 2016 non verrà distribuito alcun dividendo, mentre per gli anni successivi il piano prevede una distribuzione di dividendi cash con un pay-out tra il 20% e il 50%. “Abbiamo sviluppato un piano pragmatico basato su presupposti prudenti, con obiettivi concreti e raggiungibili, in funzione di leve di gestione del rischio e dei costi che sono saldamente sotto il nostro controllo”, ha commentato Mustier. “Stiamo attuando misure decise per gestire i problemi, ereditati dal passato, dei crediti deteriorati lordi allo scopo di migliorare e sostenere la futura redditività corrente e diventare una delle banche più attrattive d’Europa”, ha aggiunto.

La ricapitalizzazione da 13 miliardi sarà sottoposta al via libera dell’assemblea straordinaria convocata per il 12 gennaio 2017, che dovrà deliberare anche sul raggruppamento delle azioni ordinarie e di risparmio nel rapporto di una nuova ogni 10 possedute per entrambe le categorie. L’aumento sarà “interamente garantito” in termini di ammontare da parte di un consorzio formato da 11 primarie banche internazionali. Nella parte ordinaria, l’assemblea sarà chiamata a riconfermare Jean Pierre Mustier, Sergio Balbinot e Martha Dgmar Bockenfeld, che erano stati cooptati nel corso del 2016 in sostituzione di Helga Jung, Manfred Bischoff e Federico Ghizzoni. Quanto alla cartolarizzazione di sofferenze lorde per 17,7 miliardi di euro, UniCredit ha annunciato di aver sottoscritto due accordi, uno con Fortress e l’altro con Pimco, per la costituzione di due veicoli in cui UniCredit avrà una posizione di minoranza. L’orizzonte temporale per il completamento delle transazioni è previsto entro la fine della prima metà del 2017. Si tratta del progetto “Fino” (Failure is not an option), a fronte del quale sono previste ulteriori rettifiche su crediti per 8,1 miliardi di euro che verranno contabilizzate nel quarto trimestre 2016.

“Fino” porterà a un’accelerazione della riduzione del portafoglio non-core con un obiettivo di esposizione netta di 8,1 miliardi di euro entro il 2019. Previste anche ulteriori rettifiche di partecipazioni e altre svalutazioni per un importo totale di 4,1 miliardi di euro, che portano così l’onere totale una tantum a 12,211 miliardi di euro nel quarto trimestre 2016. Quanto alla governance, Mustier ha reso noto che il comitato nomine ha fissato nuovi principi che verranno applicati con il rinnovo del 2018 in base ai quali il numero dei componenti del board sarà ridotto a 15 dai 17 attuali e quello dei vice presidenti a uno rispetto ai tre attuali. La composizione del board, inoltre, “dovrà riflettere la composizione dell’azionariato, che nel 2018 sarà quello che sarà”. La ‘transformation’ di UniCredit, infine, si sente anche sul fronte della comunicazione. Se Ghizzoni aveva varato la strategia della massima apertura alle domande di tutti i giornalisti, convocando frequenti conferenze stampa al termine delle riunioni del cda, Mustier ha scelto la strada opposta. Dopo aver lavorato per cinque mesi nel silenzio stampa, oggi a Londra si è concesso solo alle domande degli analisti e di un ristretto e selezionato gruppo di giornalisti di quotidiani e di agenzie di stampa (prevalentemente straniere).

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