Costi, ricavi e utili in linea con quelli degli ultimi anni, una maggior creazione di valore per gli azionisti fra dividendi in crescita e riacquisto di azioni proprie, niente fusioni e 8000 posti di lavoro in meno in Europa Occidentale. L’Italia la più penalizzata: 5.500-6.000 dipendenti. Sono questi i cardini del nuovo piano di Unicredit, Team23, presentato stamattina dall’a.d. Jean Pierre Mustier, che punta, da qui al 2023, a creare 16 miliardi di valore per i soci: la meta’ andranno a rimpolpare il patrimonio netto della banca, gli altri a remunerare gli azionisti.
Di questi 8 miliardi, 6 saranno di dividendi e 2 di buyback: in particolare, fino al 2022, sara’ distribuito il 40% dell’utile netto (30% con cedole in contanti e 10% con riacquisto di azioni) e nel 2023 la percentuale salira’ al 50%. Sul fronte dei ricavi la banca stima di realizzare una crescita media annua dello 0,8%, facendoli salire a 19,3 miliardi a fine piano, nonostante un contesto di tassi sfavorevole agli istituti di credito: Unicredit stima che fino al 2022 l’euribor a tre mesi sara’ pari a -50 punti base. Al tempo stesso la base costi rimarra’ sostanzialmente stabile, con un decremento medio annuo dello 0,2%: l’andamento non sara’ tuttavia lineare fra tutte le aree dell’istituto.
La maggior parte dei tagli sono concentrati in Europa Occidentale, dove verra’ eliminato il 17% delle filiali e il 12% del personale, con 1 miliardo di risparmi; nell’Europa centro-orientale, invece, i costi cresceranno. Il gruppo infatti prevede 8000 uscite e la chiusura di 500 filiali (450 in Italia), ma sul tema e’ gia’ battaglia coi sindacati. Se Mustier infatti ha detto che le discussioni coi rappresentanti dei lavoratori sono appena partite e che Unicredit “nel piano precedente ha agito in una maniera sostanzialmente molto responsabile e continuera’ a farlo”, la Fabi e gli altri sindacati di categoria hanno gia’ alzato le barricate. “Non c’e’ da sorprendersi per gli 8.000 esuberi, adesso proveranno addirittura a dire che sono 2.000 in meno rispetto a quei 10.000 che la stessa banca ha fatto filtrare a fine luglio. Ma il giochetto e’ banale e si smascherano da soli. Il piano industriale cosi’ com’e’ non puo’ nemmeno essere preso in considerazione”, ha detto il segretario della Fabi Lando Maria Sileoni.
Il banchiere francese, che al 2023 si aspetta 5 miliardi rispetto ai 4,7 previsti per fine 2019 e i 4,3 previsti per il 2020, anno in cui saranno spesati parte dei costi delle ristrutturazioni previste dal piano. In Team23 Unicredit torna anche a parlare del progetto di creare una eventuale subholding in cui racchiudere la maggior parte delle attivita’ estere del gruppo: questa societa’ sara’ in ogni caso basata in Italia e non quotata e, se dovesse nascere, servira’ per ridurre l’esposizione infragruppo e ottimizzare i requisiti Mrel, relativi ai nuovi vincoli sul passivo delle banche introdotti dalle normative europee. Fuori da questa sub holding rimarra’ in ogni caso la Turchia: se Mustier ha ribadito che non sono previste acquisizioni e fusioni, dopo l’operazione annunciata lo scorso week end l’istituto si tiene aperta la porta per cedere ulteriori quote della controllata Yapi Kredi. In Borsa il titolo registra un moderato rialzo dello 0,4%.
I NUMERI
Il settore bancario e’ tra quelli piu’ interessati dagli esuberi. Nei piani industriali gia’ approvati dei primi nove gruppi italiani, sono previsti 29.703 uscite: di queste, 16.434 gia’ completate e 13.269 da realizzare nel biennio 2019-2020. Di contro, il Fondo per l’occupazione ha consentito in 9 anni (dal 2012) l’assunzione di 20.550 giovani (under 35). Sono i numeri gia’ elaborati dalla Fabi e aggiornati da Agi. Nel corso del 2018, nel dettaglio, sono stati assunti 1.538 “ragazzi”, quasi 150 al mese (6.657 nel 2012, 2.164 nel 2013, 2.126 nel 2014, 2.969 nel 2015, 2.585 nel 2016, 2.511 nel 2017).
Circa il 57% delle assunzioni complessive ha riguardato personale femminile e il 43% il personale maschile. I nuovi ingressi hanno bilanciato gli esuberi del settore gia’ completati, tutti gestiti solo con pensionamenti e prepensionamenti volontari. Le crisi bancarie e gli esuberi sono state gestite con il Fondo esuberi e il Fondo per l’occupazione. Grazie a questi strumenti, fortemente voluti dai sindacati nel contratto, sono stati evitati i licenziamenti. Di contro in Europa, sono stati persi 470.000 posti di lavoro, il 70% dei quali con licenziamenti. Ecco nel dettaglio i numeri sugli esuberi forniti dalla Fabi: BANCA Lavoratori in uscita Lavoratori usciti Totale MPS 2.250 2.250 4.500 Unicredit 1.200 3.250 4.450 BANCO BPM – 2.600 2.600 INTESA SP 4.850 5.700 10.550 UBI BANCA 917 1.089 2.006 BPER 1.289 1.044 2.333 CRE’DIT AGRICOLE 113 330 443 CARIGE 1.250 – 1.250 BNL 1.400 171 1.571 TOTALE 13.269 16.434 29.70.