Urbani: “Quando dissi a Silvio che su Putin sbagliava”

Urbani: “Quando dissi a Silvio che su Putin sbagliava”
Giuliano Urbani
7 marzo 2022

“Mi dà una notizia di profondo dolore”. Ci risponde così Giuliano Urbani nel sapere della morte di Antonio Martino con cui  è stato tra i fondatori di Forza Italia. Lo ricorda come “un signore gentilissimo, cordialissimo”, evidenziando tuttavia che Silvio Berlusconi gli ha dato “dell’incosciente” per aver messo insieme proprio Martino e Tremonti. In quanto, per dirla con lo stesso allievo di Norberto Bobbio, “ci voleva  un coraggio da leoni”. Il due volte ministro (Funzione pubblica, Beni culturali) oggi ottantacinquenne, vede ora in  FI “l’annacquamento del liberalismo” mentre sulla guerra in Ucraina avverte l’Occidente: “Faccia buon viso a Vladimir Putin per farlo recedere, altrimenti resta un pericolo nucleare”. E in merito all’inizio del  rapporto tra  Berlusconi e Putin, ricorda che “sia io che Martino gli dicevamo ‘vedi che hai preso un granchio’”.

Professore Urbani, qual era il suo rapporto con Antonio Martino.

 
“Ero legato a Martino da tre cose. Innanzitutto dalla vicinanza con il padre Gaetano iniziata quando era responsabile degli universitari liberali, poi divenuto, tra l’altro, ministro della Pubblica Istruzione. E’ stato un grande dispensatore di consigli, il padre di Antonio. In particolare abbiamo legato sulla riforma universitaria ma anche per tutto ciò che era connesso con il mondo dell’istruzione. Siamo stati tanti anni assieme  con Antonio legati da una grande amicizia che nasceva dalla famiglia, oltre dal padre anche dalla sorella Carla allora nostra rappresentante alla Regione Lazio (ex assessore regionale alla Cultura). La seconda cosa che ci legava, anche se lui era più giovane, era il fatto che eravamo due giovani liberali. Terza cosa, l’aver avuto questa avventura comune che è stata quella di Forza Italia”.

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Come nasce Forza Italia?

“Nasce dal liberalismo che io e Martino mettemmo nel programma. E ovviamente,  Berlusconi che ha innovato tantissime cose come il linguaggio, la presenza propagandistica, quella cultura di massa con cui arriva dritto alla gente. Tenga presente che Berlusconi allora non conosceva quasi nulla del mondo partitico-politico, quindi la presenza di Martino è stata molto importante”.

Perché?

 
“Soprattutto per aver dato l’anima alla politica del partito con il principio della tassazione e che Berlusconi fece proprio. Ovvero di avere un governo che lascia nelle tasche dei cittadini più denari possibile secondo il principio liberale ossia che ciascun liberale vero sa meglio di un governo come spendere i propri soldi”.

Mettere assieme Martino e Tremonti ci voleva “ un coraggio da leoni”.
“Martino e Tremonti non si sono mai amati culturalmente parlando. Due persone eccellenti dal punto di vista personale ma dal punto di vista culturale politico provenivano da due scuole antitetiche e quando discutevano tra di loro era una ‘Santa Barbara’. D’altronde Martino aveva una provenienza liberar-liberista pura, allievo del professore Milton Friedman; invece Tremonti era il socialista Craxi e dintorni”.

Qualche aneddoto?

 
“Quando eravamo giovani liberali, io presidente degli studenti e lui rappresentante del comitato di studi economici, ci punzecchiavamo spesso perché lui era un liberale tipo inglese, molto utilitarista; mentre io un po’ crociano. Ricordo pure il suo splendido inglese-americano che lo rendeva amatissimo perché riusciva a scherzare in inglese che è una delle cose più difficili se non si ha la padronanza totale della lingua. E amava fare le battute che spesso sono un modo di parlare per punzecchiare”.

Cosa è cambiato in Forza Italia?

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“Siamo arrivati all’annacquamento del liberalismo per effetto delle alleanze, certamente doverose ma Berlusconi li ha privilegiate eccessivamente. Sia per l’alleanza con Fini, con Bossi, e con Casini ha pagato uno scotto, secondo noi troppo alto. Voglio ricordare che quando agli inizi presentammo Forza Italia nelle piazze ci fu un grande entusiasmo, entusiasmo che man mano si affievolì in quanto la gente ci vedeva un po’ leghisti, un po’ democristiani, un po’ di Alleanza nazionale. Cosa che invece alla gente doveva arrivare esattamente l’opposto: che noi avevamo fatto l’alleanza con questi signori per far diventare loro liberali”.

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