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Accordo di Parigi su clima, via libera del Parlamento europeo. Ora avanti tutta verso Marrakesh

Con una maggioranza larghissima – 610 voti a favore, 38 contrari e 31 astensioni – la plenaria del Parlamento europeo ha dato il suo consenso, oggi a Strasburgo, alla ratifica da parte dell’Ue dell’accordo mondiale di Parigi contro il cambiamento climatico. Ora resta solo un passo da fare, scontato: l’adozione della decisione di ratifica per procedura scritta d’urgenza, entro domani, da parte del Consiglio Ue. Una pura formalità, dopo che il Consiglio straordinario dei ministri dell’Ambiente dei Ventotto, svoltosi il 30 settembre a Bruxelles, aveva già dato la sua approvazione all’unanimità. Tuttavia, trattandosi di un settore di “competenza mista”, comunitaria e nazionale, per l’Accordo di Parigi è richiesta la ratifica, oltre che dall’Ue, anche da parte di ciascun suo Stato membro. E finora, gli Stati che hanno già completato o stanno completando il proprio iter sono sette: Francia, Ungheria, Austria, Slovacchia, Germania, Malta e Portogallo. Con questi sette paesi, senza aspettare gli altri Stati membri “ritardatari”, l’Ue intende depositare venerdì 7 ottobre gli strumenti di ratifica presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Gli altri 21 paesi seguiranno quando saranno pronti.

Normalmente, secondo le procedure comunitarie, sarebbero stati richiesti il completamento e la deposizione simultanea degli strumenti di ratifica, sia da parte dell’Ue che da parte di tutti i suoi Stati membri. Ma i tempi sono stretti: solo i paesi firmatari che avranno completato la ratifica parteciperanno alla prima “conferenza delle parti” per l’attuazione dell’Accordo, che si terrà fra un mese a Marrakech, in Marocco, contestualmente alla prossima conferenza Onu sul cambiamento climatico (la Cop 22, dal 7 al 18 novembre). E l’Unione europea vuole assolutamente sedersi a quel tavolo, dopo aver sempre rivendicato il proprio ruolo di pioniere nel mondo per le politiche sul clima. L’Ue, inoltre, ha fortemente voluto l’accordo di Parigi, e ha già messo in cantiere – con le proposte della Commissione nel luglio scorso – una nuova legislazione per la riduzione obbligatoria delle proprie emissioni almeno del 40% nel 2030 rispetto al 1990. Aspettare le ratifiche di tutti e 28 gli Stati membri per poi depositarle simultaneamente, insieme a quella dell’Ue, avrebbe significato molto probabilmente per gli europei restare fuori dal primo gruppo, di cui faranno parte gli Usa, la Cina e l’India, mentre appaiono imminenti anche le ratifiche da parte dell’Australia e del Canada.

Per evitare questa figuraccia, l’Unione ha deciso allora questa procedura inedita (e che “non costituisce un precedente”, come si precisa nel compromesso adottato dal Consiglio venerdì scorso), con l’accordo unanime “anticipato” dei ministri dell’Ambiente. Nel frattempo, già solo con i sette Stati membri più solleciti si raggiunge la soglia della ratifica da parte di 55 paesi rappresentanti almeno il 55% delle emissioni mondiali di gas serra, che era necessaria per far scattare (trenta giorni dopo) l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi. Ad oggi 62 parti, pari solo al 51,89% delle emissioni globali, avevano formalmente depositato gli strumenti di ratifica. Ora, grazie alla rapidità con cui l’Ue è riuscita, per una volta, a decidere, l’Accordo entrerà in vigore in tempo per la nuova conferenza sul clima di Marrakech. E gli europei vi parteciperanno da protagonisti. “L’Unione europea ha una lunga esperienza di leadership nella lotta contro il cambiamento climatico”, ha detto il Segretario Generale Onu Ban Ki-moon, che era ospite dell’Aula, prima del voto. Il Segretario Generale ha ricordato che la lotta al cambiamento climatico non è solo una delle più importanti sfide del nostro tempo, ma anche l’opportunità di costruire un’economia più sostenibile e competitiva e società più stabili.

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