Nel giro di un’ora, però, una serie di deputati conservatori ha chiesto ai colleghi di non abbandonare Trump, accusando Ryan di essersi arreso prematuramente per le presidenziali. Trump, su Twitter, ha invitato lo speaker della Camera a occuparsi di problemi come “il bilancio, l’immigrazione e l’occupazione”, invece di “sprecare tempo combattendo il candidato repubblicano”. Di fronte all’isterismo mostrato da alcuni colleghi, Ryan ha poi chiarito che non ha ritirato il proprio endorsement a Trump, ma che farà quello che ritiene nell’interesse della Camera, ovvero sostenere i candidati nei distretti elettorali. Per cinque mesi, Ryan e Trump hanno alternato frizioni e corteggiamenti, riuscendo poi a forgiare un rapporto di lavoro non facile crollato a quattro settimane dal voto. Le conseguenze di questo scontro pubblico potrebbero essere devastanti per il partito repubblicano. La situazione, comunque, era già molto complessa prima delle dichiarazioni di Ryan, visto che, dall’ultimo sondaggio di Nbc e Wall Street Journal, Trump emergeva con un ampio distacco da Clinton e un consenso inferiore al 40 per cento. Nonostante il tentativo di Reince Priebus, che guida il Comitato nazionale repubblicano, ovvero l’organo di comando del partito, di mostrare che il Grand Old Party agisce “in totale coordinamento” con la campagna di Trump e che verserà “molti soldi” nella corsa presidenziale perché “niente è cambiato nel sostegno al nostro candidato”, appare ormai chiaro che ognuno pensa per sé. “È come in un incendio scoppiato in un cinema – il paragone di Steven Law, ex collaboratore del repubblicano Mitch McConnell, leader della maggioranza in Senato, fatto al New York Times – quando le persone cominciano a correre il più velocemente possibile verso uscite diverse”. Intanto, dopo l’ultimo dibattito televisivo la candidata democratica Hillary Clinton stacca il suo avversario repubblicano Donald Trump di 9 punti percentuali nelle proiezioni dei risultati della corsa per la Casa Bianca. Lo rivela un sondaggio svolto da Nbc insieme al Wall Street Journal. Di seguito i numeri: l’ex Segretario di stato è data al 46%, contro il 37% del miliardario; il candidato del Partito libertario, Gary Johnson è ancora all’8%, mentre à al 2% il verde, Jill Stein.