Potrebbero volerci giorni, se non settimane, per sapere chi è il nuovo presidente americano tra Donald Trump e Joe Biden. La pandemia di coronavirus ha infatti spinto molti americani a preferire il voto anticipato o via posta, per evitare l’affollamento ai seggi il prossimo 3 novembre, e ad oggi sono oltre 64 milioni gli americani che hanno già votato. Tuttavia ogni stato ha regole diverse sulla procedura di spoglio delle schede, per cui è probabile che il risultato del voto non si conoscerà la sera stessa del 3 novembre.
In alcuni stati, i funzionari possono iniziare a processare le schede anche settimane prima del giorno delle elezioni: possono quindi cominciare a verificare le informazioni degli elettori e a rimuovere le schede dalle buste, preparandole così per il conteggio durante l’Election Day e accelerando la diffusione dei risultati. Ma in alcuni degli stati più in bilico le leggi impediscono di procedere prima del 3 novembre, per cui i funzionari elettorali dovranno presiedere al voto al seggio e processare allo stesso tempo un numero senza precedenti di voti postali. Si stima, infatti, che il tasso del voto per posta possa oscillare tra il 50 e il 70 per cento a livello nazionale, contro circa il 23% del 2016.
Tale situazione rende molto probabile un ritardo nella diffusione dei risultati e aumenta la possibilità che l’esito del voto ai seggi possa essere ribaltato o comunque sensibilmente cambiato dal conteggio di quelli per posta. La situazione è stata poi complicata dai ritardi nelle consegne da parte del Servizio postale, che hanno alimentato il timore che le schede non arrivino in tempo per essere conteggiate. I repubblicani hanno avviato azioni legali per impedire che siano prese in considerazione le schede arrivate dopo il 3 novembre. Se in Wisconsin la Corte suprema ha dato ragione ai repubblicani, in Pennsylvania ha invece autorizzato a considerare validi i voti che arrivano fino a quattro giorni dopo l’Election Day. In Michigan, altro stato in bilico, una corte d’appello ha annullato una proroga di 14 giorni per il conteggio delle schede, mentre è ancora aperta l’azione lanciata dai repubblicani contro la norma che consente di conteggiare le schede che riportino nel timbro postale i giorni prima o il giorno stesso del voto, ma arrivate dopo il 3 novembre.
Complessivamente, precisa il Washington Post, quasi la metà di tutti gli stati accetterà schede arrivate per posta alcuni giorni dopo il 3 novembre se il timbro indica che sono state inviate prima. Per quanto riguarda gli Stati considerati in bilico, a fronte di questa situazione è probabile che si conosceranno i risultati dove è consentito processare prima le schede del voto anticipato o postale. Per cui, secondo gli esperti, dovrebbero essere noti prima i risultati di Arizona, Florida, Minnesota e North Carolina, mentre bisognerà attendere per avere i dati di Pennsylvania e Michigan. Di solito gli americani sanno chi ha vinto le elezioni molto prima che i risultati diventino ufficiali. I media, infatti, “chiamano” un singolo stato quando ritengono che il margine di vittoria di un candidato sull’altro sia ormai insormontabile. E’ una previsione, non un risultato definitivo, così come quella sull’intera elezione. I presidenti Usa non vengono decisi dal voto popolare, ma dalla vittoria in un numero sufficiente di stati, e ciascuno stato esprime un certo numero di “grandi elettori”, basato a spanne sulla popolazione. Per andare alla Casa Bianca occorre avere dalla propria almeno 270 grandi elettori.
Ogni Stato deve indicare i grandi elettori entro l’8 dicembre, al massimo entro il 14 dicembre, prima che le schede vengano sigillate e trasmesse al Congresso, per il conteggio del 6 gennaio. Prima di allora ogni stato ha un calendario diverso per il processo di verifica e certificazione dell’esito delle elezioni, che si svolge, di regola, alla fine di novembre. E quest’anno non sono escluse, alla luce dei ristretti margini di vittoria registrati finora in alcuni stati, contese legali sulla legittimità del procedimento di spoglio delle schede. askanews