Natale nel segno dello shutdown, Trump rinuncia a Mar-a-Lago

Natale nel segno dello shutdown, Trump rinuncia a Mar-a-Lago
La Casa Bianca
25 dicembre 2018

Sarà un Natale nel segno dello shutdown, negli Stati Uniti. La parziale chiusura delle attività del governo federale per mancanza di fondi è al terzo giorno, ma i parlamentari, a differenza di altre volte, non sembrano aver fretta di risolvere lo scontro sui soldi per la costruzione del muro con il Messico, che ha impedito l’approvazione della legge di spesa per nove dipartimenti federali, e hanno lasciato Washington per trascorrere il Natale in famiglia. A Washington è restato il presidente Donald Trump, che ha rinunciato a raggiungere la Florida; sarà invece la moglie Melania a tornare da Mar-a-Lago alla Casa Bianca per trascorrere il Natale con il marito.

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Senatori e deputati torneranno a Capitol Hill il 27, ma non sembra esserci la possibilità di un accordo in poche ore sulla legge di spesa. Senza un’intesa, molti parlamentari non torneranno in Aula prima del 3 gennaio, quando si insedierà il 116esimo Congresso, con i democratici che saranno in maggioranza alla Camera. Ieri, Mick Mulvaney, scelto dal presidente Donald Trump come capo di gabinetto ad interim dall’inizio del 2019, ha detto che “è davvero possibile che lo shutdown arrivi fino al nuovo Congresso”. È la stessa previsione della leader democratica Nancy Pelosi, probabile speaker della nuova Camera, che però ha promesso “la veloce approvazione di una legge per riaprire il governo”.

Trump non ha intenzione di rinunciare ai fondi per il muro con il Messico (nella proposta di legge votata dalla Camera sono stati inseriti 5,7 miliardi) ma per i democratici si tratta di un provvedimento “inaccettabile”. Lo shutdown è scattato sabato mattina, lasciando senza fondi nove dei 15 dipartimenti federali e decine di agenzie, mentre tutti gli altri sono già stati finanziati; lo shutdown avrà un impatto su oltre 800.000 dipendenti federali, tra quelli costretti a lavorare senza essere pagati e quelli che sono invece obbligati a prendere un congedo non retribuito. Si tratta del terzo shutdown del 2018, dopo quelli di gennaio e febbraio, durati complessivamente meno di tre giorni.

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L’agenzia di rating S&P crede che gli effetti immediati di uno shutdown siano minimi. Diversamente da inizio anno, “solo il 25% del governo ha ancora bisogno di fondi”, motivo per cui S&P stima che questo shutdown possa sottrarre al Pil trimestrale 1,2 miliardi di dollari per ogni settimana di paralisi parziale. Trump ha avvertito che potrebbe essere “uno shutdown molto lungo” e, per i media statunitensi, è possibile che accada. Questo perché si tratta di uno scontro che va al di là dei 5 miliardi, una somma piuttosto irrisoria, e mette al centro un tema divenuto simbolico per entrambi gli schieramenti. Per ora, lo shutdown più lungo è durato 21 giorni, nel dicembre 1995.

Venerdì, qualsiasi tentativo di compromesso è fallito; a nulla era servito l’incontro tra il vicepresidente Mike Pence e il leader della minoranza democratica in Senato, Chuck Schumer, che ore prima aveva detto: “Presidente Trump, non avrà il suo muro. Non lo avrà oggi, e nemmeno la prossima settimana o il 3 gennaio”. Solo pochi giorni prima, il Senato aveva approvato una legge di spesa bipartisan, senza i fondi per il muro, per finanziare il governo fino all’8 febbraio. La Camera, spinta da Trump, aveva però respinto il provvedimento, approvando invece una proposta contenente anche 5,7 miliardi di dollari per il muro. In Senato, però, sarebbero serviti 60 voti per approvare la proposta, ma i repubblicani occupano solo 51 seggi su cento. Il numero uno della maggioranza repubblicana in Aula, Mitch McConnell, non aveva infatti voluto forzare il processo democratico con l’opzione nucleare, invocata da Trump, che avrebbe permesso di portare a casa il risultato voluto dal presidente con la maggioranza semplice dei voti.

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Questo, però, significa anche che, con la nuova Camera a maggioranza democratica, in Congresso ci potrebbero essere i voti necessari per approvare una legge di spesa bipartisan senza i fondi per il muro. Trump è tornato all’attacco su Twitter: “Virtualmente ogni democratico con cui stiamo facendo i conti oggi sosteneva con forza un muro al confine o una recinzione. È stato solo quando l’ho reso una parte importante della mia campagna, a causa dell’arrivo incontrollato di persone e droga, che sono diventati contrari. Ce n’è disperatamente bisogno!”. Il muro è sicuramente popolare tra la base elettorale di Trump, ma non lo è nel complesso e, soprattutto, non lo è al punto da giustificare uno shutdown. Secondo un sondaggio di National Public Radio e Marist, solo il 36% dei cittadini crede che la battaglia per la costruzione del muro valga uno shutdown.

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